Come realizzare l’Export Plan per la tua azienda: la guida operativa e strategica di SACE per espandersi all’estero
L’Export Plan è un documento strategico di cui deve assolutamente dotarsi qualsiasi impresa che voglia espandere le proprie attività commerciali oltre i confini nazionali. Questo piano, infatti, fornisce una roadmap dettagliata delle attività e delle strategie necessarie per avere successo nei mercati internazionali, fungendo da guida operativa e strategica per gestire l'espansione internazionale e raggiungere gli obiettivi stabiliti.
L’Export Plan parte da un’approfondita auto-analisi del contesto aziendale, e si sviluppa in un’articolata e realistica proiezione di attività interconnesse e relativi investimenti, sviluppati nel medio periodo, al fine di avviare e successivamente consolidare un processo di internazionalizzazione di impresa.
Al fine di realizzare tali attività, occorre saper determinare i mezzi, le risorse finanziarie, tecniche, produttive e il capitale umano necessari, mettendo in luce i benefici e le potenziali minacce, in modo da ottimizzare gli sforzi e prevenire, per quanto possibile, errori e sprechi.
Non esiste ovviamente un modello predefinito per elaborare un buon Export Plan. La sua struttura può variare in base ai prodotti o ai servizi offerti, o alle caratteristiche intrinseche di ciascuna azienda, ma in linea generale, per poter essere efficace, dovrebbe cercare di sviluppare almeno i seguenti punti:
- Autovalutazione (dell'impresa e dei suoi prodotti o servizi)
- Analisi di mercato
- Fattibilità economico-finanziaria: la previsione di budget
- Fase operativa
- Monitoraggio e "piano b"
Approfondiamo ogni singolo step...
L’Export Plan è un documento strategico di cui deve assolutamente dotarsi qualsiasi impresa che voglia espandere le proprie attività commerciali oltre i confini nazionali. Questo piano, infatti, fornisce una roadmap dettagliata delle attività e delle strategie necessarie per avere successo nei mercati internazionali, fungendo da guida operativa e strategica per gestire l'espansione internazionale e raggiungere gli obiettivi stabiliti.
L’Export Plan parte da un’approfondita auto-analisi del contesto aziendale, e si sviluppa in un’articolata e realistica proiezione di attività interconnesse e relativi investimenti, sviluppati nel medio periodo, al fine di avviare e successivamente consolidare un processo di internazionalizzazione di impresa.
Al fine di realizzare tali attività, occorre saper determinare i mezzi, le risorse finanziarie, tecniche, produttive e il capitale umano necessari, mettendo in luce i benefici e le potenziali minacce, in modo da ottimizzare gli sforzi e prevenire, per quanto possibile, errori e sprechi.
Non esiste ovviamente un modello predefinito per elaborare un buon Export Plan. La sua struttura può variare in base ai prodotti o ai servizi offerti, o alle caratteristiche intrinseche di ciascuna azienda, ma in linea generale, per poter essere efficace, dovrebbe cercare di sviluppare almeno i seguenti punti:
1. AUTOVALUTAZIONE (dell’impresa e dei suoi prodotti o servizi)
“Conosci te stesso”: la massima socratica rappresenta il punto di partenza imprescindibile prima di andare alla ricerca di nuovi orizzonti. Essere consapevoli dei propri punti di forza e dei propri limiti, infatti, aiuta a pianificare ogni mossa con cognizione di causa e pone le premesse per evitare disastrosi fallimenti che spesso derivano proprio dalla “non coscienza” di chi si è, di cosa si è capaci (o meno) di fare e fin dove ci si può spingere.
Chiedersi per quale motivo si vuole iniziare un progetto di export potrebbe essere un buon punto di partenza. Gli obiettivi possono essere svariati: l’impresa potrebbe aver bisogno di trovare sbocchi alternativi al mercato interno perché questo è saturo o stagnante oppure l’espansione internazionale rappresenta una tappa evolutiva quasi naturale dell’impresa Nel primo caso l’internazionalizzazione potrebbe non essere la scelta migliore perché riuscire a trovare sbocchi commerciali oltreconfine richiede tempo, impegno, perseveranza ed investimenti, e quindi non sarebbe l’opzione più adatta per un’azienda che sta attraversando un periodo di crisi. Al contrario, se l’azienda versa in condizioni di sviluppo, presidia già bene il mercato interno, ha un volume d’affari consolidato, si può considerare, a grandi linee, pronta per avviare l’analisi dell’opportunità di sviluppo all’estero.
In questa fase bisogna anche stabilire quali sono gli obiettivi a lungo e breve termine, valutare cosa ha funzionato e cosa no in eventuali piani di esportazione precedenti, definire le caratteristiche del prodotto o servizio da esportare. In relazione a quest’ultimo punto, è importante chiedersi: qual è il bisogno che il mio prodotto o servizio soddisfa nel mercato globale? Quali modifiche, se del caso, devono essere apportate per adattare il mio prodotto ai mercati esteri? Ho bisogno di licenze o certificati speciali per esportare? Devo apportare modifiche all'imballaggio o all'etichettatura? Cosa devo fare per proteggere la mia proprietà intellettuale?
Non meno importante è la definizione delle caratteristiche delle risorse umane che parteciperanno al progetto: quale esperienza internazionale ha l'azienda (esperienza nelle vendite internazionali, competenze linguistiche, ecc.)? Chi sarà responsabile dell'organizzazione e del personale del reparto di esportazione? Quanto tempo il management può/è disposto ad allocare? Quale struttura organizzativa è necessaria per garantire che le vendite di esportazione siano adeguatamente servite?
2. ANALISI DI MERCATO
La seconda parte dell’Export Plan riguarda la scelta del mercato (o dei mercati) su cui concentrarsi. Questa scelta va effettuata attraverso un'analisi approfondita in cui vanno valutate:
- le opportunità
- la concorrenza
- le tendenze e la segmentazione del mercato
- le barriere tariffarie e non
gli aspetti politici, legali, economici, sociali, demografici e culturali delle aree geografiche selezionate.
Si tratta di uno studio a 360°, insomma, che può partire dall’analisi dei dati statistici relativi all’importazione del prodotto da noi proposto in quel determinato mercato, per allargarsi poi all’analisi della cultura e delle abitudini del paese, alla segmentazione demografica e comportamentale del mercato, alle tendenze sociali che possono influenzare le preferenze dei consumatori, alla loro capacità d’acquisto, alla competenza tecnologica, ecc..
In questa fase vanno approfondite anche le normative commerciali, le leggi doganali e gli altri requisiti legali specifici del mercato estero, come ad esempio la richiesta di certificazioni e licenze necessarie per l’importazione, la politica di protezione della proprietà intellettuale, ecc..
3. FATTIBILITA’ ECONOMICO-FINANZIARIA: la previsione di budget
La stesura di un piano economico-previsionale (budget) è di fondamentale importanza per identificare gli sforzi economico-finanziari che una o più strategie comporterebbero su uno o più mercati esteri. Il progetto, infatti, potrebbe essere ben strutturato, il prodotto attraente ed il mercato ricettivo, ma se non è fattibile dal punto di vista economico-finanziario non si va d nessuna parte.
In primo luogo bisogna individuare le fonti di finanziamento necessarie per sostenere l'espansione internazionale: l’azienda è già in possesso di capitale da investire nel progetto? Sarà necessario richiedere dei prestiti? Se sì, questi saranno sostenibili? In questo senso, potrebbe rivelarsi utile esplorare possibili assistenze finanziarie, agevolazioni fiscali o altri incentivi sia nel paese d'origine che in quello di destinazione.
Dopodiché, è di fondamentale importanza calcolare i costi previsti e le entrate attese per stabilire la redditività del progetto, stabilendo obiettivi chiari e misurabili come volumi di vendita, quote di mercato o fatturato previsto.
A differenza del Business Plan, che include più informazioni come il piano marketing, quello strategico, le diverse proiezioni economiche finanziarie indirizzate a soggetti diversi (banche, azionisti, investitori, etc.), il budget si concentra maggiormente su dati di natura economica (budget delle vendite, dei costi fissi e di quelli variabili).
4. FASE OPERATIVA
Questa sezione definisce la strategia di penetrazione del mercato di destinazione vera e propria.
Include in primo luogo a) la definizione del prezzo di vendita, che deve tenere conto dei maggiori costi sostenuti per portare il prodotto all’estero, come ad esempio quelli per il trasporto internazionale, per la traduzione delle etichette, per i dazi doganali o per eventuali certificazioni o documentazione tecnica.
Esplorare le varie “routes to market entry” è lo step successivo: bisogna infatti b) scegliere i canali di distribuzione più appropriati per raggiungere i clienti nel mercato di destinazione, valutando se si intende vendere direttamente, per esempio attraverso un distributore o attraverso il digitale (e-commerce proprio o marketplace), se ci si vuole affiliare in franchising, oppure concludere una joint venture con un partner locale, ecc.. La scelta della strategia dipende dalla situazione specifica dell'azienda e dal contesto del mercato di destinazione. Molte imprese possono anche adottare una combinazione di queste strategie per massimizzare i vantaggi e ridurre i rischi.
Inoltre, va anche pianificata la c) strategia di comunicazione e promozione che deve tener conto delle specificità del mercato internazionale, adattandosi alle diverse culture, lingue e aspettative dei consumatori includendo pubblicità, promozioni e strategie di branding adatte al mercato estero ed identificando i canali di comunicazione più efficaci nel mercato di destinazione: per esempio, alcuni mercati potrebbero preferire i social media, mentre altri potrebbero rispondere meglio alla pubblicità tradizionale o agli eventi promozionali. Qualunque sia il canale, tuttavia, per evitare scivoloni è sempre molto importante personalizzare il proprio messaggio e le immagini per rispecchiare la cultura locale, evitando stereotipi culturali ed assicurandosi che il messaggio sia sensibile alle tradizioni e alle norme sociali del mercato estero.
d) La logistica, infine, è elemento chiave da monitorare, perché errori o ritardi nelle consegne potrebbero compromettere il buon esito delle fasi precedenti. Perciò, per garantire che i prodotti vengano consegnati in modo efficiente e sicuro ai clienti internazionali bisogna assicurarsi che tutte le funzioni della catena di approvvigionamento quali logistica di magazzino, picking, stoccaggio, trasporto, distribuzione e gestione stock siano gestite al meglio per garantire la disponibilità continuativa dei prodotti o servizi.
5. MONITORAGGIO E “PIANO B”
Nell'ambito dell'Export Plan, possono essere identificati e definiti indicatori chiave di performance (KPI) che riflettono gli obiettivi strategici dell'azienda in termini di export. Questi KPI possono includere metriche come volumi di vendita, quota di mercato, tempi di consegna, soddisfazione del cliente, tassi di conversione e profitti generati dalle operazioni di export. L'analisi dei risultati fornisce informazioni utili per comprendere le dinamiche di mercato, l'efficacia delle strategie di marketing e vendita, nonché l'adattamento alle esigenze specifiche dei clienti internazionali.
Il monitoraggio costante consente all'azienda di adattarsi prontamente a variazioni nel panorama di mercato, comprese modifiche nelle esigenze dei consumatori, cambiamenti nella concorrenza o eventi globali che possono influenzare il commercio internazionale e di apportare eventuali correzioni di rotta come modifiche nei canali di distribuzione, ottimizzazioni nella gestione delle scorte e qualsiasi altra azione volta a migliorare le prestazioni complessive.
Integrare questi elementi in modo coeso all'interno dell’Export Plan contribuisce a fornire una guida chiara e dettagliata per il successo delle attività internazionali di ogni azienda che miri ad espandersi sui mercati esteri.