Cos'è l'origine preferenziale e non preferenziale delle merci?

Conoscere le regole di origine è di fondamentale importanza per gestire correttamente gli scambi internazionali, evitare sanzioni e sfruttare le opportunità offerte dai diversi accordi commerciali. Negli ultimi anni, il concetto di origine delle merci ha acquisito una sempre maggiore rilevanza tra i consumatori, che rivendicano il diritto di conoscere il luogo di provenienza dei prodotti che acquistano per poter effettuare scelte informate e consapevoli. Anche per gli operatori economici, ed in particolare per quelli che hanno a che fare con l’estero, si tratta di un argomento della massima importanza poiché, dal punto di vista doganale, l’esatta individuazione dell’origine delle merci è essenziale per una corretta liquidazione dei tributi dovuti (con oneri e benefici previsti) e per non incorrere in sanzioni di carattere amministrativo e/o penale derivanti dalla mancata osservazione di restrizioni all’importazione o all’esportazione. La responsabilità di individuare preventivamente le regole applicabili ai propri prodotti, infatti, ricade direttamente sulle imprese.

Cosa si intende per “origine delle merci”?

Bisogna, in primo luogo, fare una distinzione tra due termini che molto spesso vengono confusi: provenienza ed origine

In questo articolo parleremo di: 

  • cosa si intende per "origine delle merci";
  • origine preferenziale;
  • origine non preferenziale;
  • cosa accade se si dichiara un'origine non vera
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Conoscere le regole di origine è di fondamentale importanza per gestire correttamente gli scambi internazionali, evitare sanzioni e sfruttare le opportunità offerte dai diversi accordi commerciali. Negli ultimi anni, il concetto di origine delle merci ha acquisito una sempre maggiore rilevanza tra i consumatori, che rivendicano il diritto di conoscere il luogo di provenienza dei prodotti che acquistano per poter effettuare scelte informate e consapevoli. Anche per gli operatori economici, ed in particolare per quelli che hanno a che fare con l’estero, si tratta di un argomento della massima importanza poiché, dal punto di vista doganale, l’esatta individuazione dell’origine delle merci è essenziale per una corretta liquidazione dei tributi dovuti (con oneri e benefici previsti) e per non incorrere in sanzioni di carattere amministrativo e/o penale derivanti dalla mancata osservazione di restrizioni all’importazione o all’esportazione. La responsabilità di individuare preventivamente le regole applicabili ai propri prodotti, infatti, ricade direttamente sulle imprese.

Cosa si intende per “origine delle merci”?

Bisogna, in primo luogo, fare una distinzione tra due termini che molto spesso vengono confusi: provenienza ed origine.

La provenienza è il luogo dal quale le merci vengono fisicamente spedite; l’origine, invece, è la nazionalità "economica" delle merci in commercio ed identifica il luogo in cui queste vengono prodotte. Ciò significa che origine e provenienza non necessariamente coincidono. Poniamo il caso, ad esempio, di un prodotto fabbricato in India, importato da un rivenditore francese e venduto in Italia: la provenienza sarà francese, ma l’origine sarà indiana.

Se per il concetto di provenienza si fa riferimento alla provenienza geografica della merce, per il concetto di origine bisogna fare riferimento a specifiche regole e norme. Ad oggi non esiste ancora una convenzione internazionale in materia di origine, simile a quella sulla nomenclatura doganale delle merci (Harmonized System) o sul valore in dogana delle merci, ed ogni Stato emana in via autonoma le proprie regole di origine. Le norme applicate in Italia sono quelle definite dall’Unione europea, che prevedono un duplice insieme di regole per definire l’origine doganale di una merce, distinguendo tra origine preferenziale o non preferenziale

 

 

 

Origine preferenziale

Con l'attribuzione di origine preferenziale si intende il riconoscimento di uno status specifico che, offrendo benefici daziari all'importazione, si concretizza in una riduzione dei dazi o nella loro esenzione.

Alla base vi è un accordo tra due Paesi (o gruppo di Paesi nel caso di accordi multilaterali) secondo il quale viene riservato un trattamento preferenziale. Le merci, per poter usufruire dei benefici indicati, devono avere requisiti che variano sia in base al prodotto, e quindi alla singola voce doganale, sia in funzione del paese di destino, e quindi secondo i singoli accordi siglati dall'UE con i Paesi terzi (si rimanda all'elenco di tutti gli Accordi ad oggi conclusi dall'Ue). 

Nonostante ciò, è possibile delineare alcuni principi comuni relativi alle modalità e alle condizioni per l’acquisizione dell’origine preferenziale:

  • l’origine preferenziale può essere attribuita ad un determinato prodotto se ottenuto interamente nel Paese beneficiario del trattamento daziario preferenziale. In questo senso, si fa riferimento alle merci il cui processo produttivo sia stato compiuto all’interno di un solo Paese (è il caso, ad esempio, dei prodotti agricoli o dei prodotti minerari estratti nel Paese beneficiario del trattamento daziario preferenziale);
  • sufficiente lavorazione o trasformazione delle merci: questa è l’ipotesi in cui prodotti finiti possono contenere materiali o componenti non originari. In questi casi, per acquisire l’origine nel Paese beneficiario del trattamento daziario preferenziale, i materiali e componenti utilizzati devono subire in tale Paese un livello cosiddetto “sufficiente” di lavorazione o trasformazione stabilito per ciascun prodotto da apposite regole contenute nell’ambito degli accordi (in caso di accordi bilaterali o multilaterali) o delle disposizioni comunitarie (in caso di regimi tariffari preferenziali adottati autonomamente e unilateralmente dall’Unione europea che non prevedono una reciprocità di trattamento preferenziale, come ad esempio nell’ambito del Sistema delle Preferenze Generalizzate – SPG  che sono volte a favorire l’accesso dei Paesi in via di sviluppo al mercato interno dell’Unione europea).

La lavorazione o trasformazione è ritenuta sufficiente quando:

  • si verifica il cosiddetto salto tariffario, cioè la classificazione del prodotto ottenuto in una voce doganale (codice TARIC) diversa da quella in cui sono classificati i materiali non originari utilizzati;
  • avviene una trasformazione specifica individuata dall’accordo;
  • si verifica il requisito del valore aggiunto, ovvero un incremento di valore che non deve superare determinate soglie percentuali stabilite dal singolo accordo, riferite ai materiali non originari utilizzabili nel processo di lavorazione o trasformazione e calcolate sul prezzo EX WORKS del prodotto ottenuto.

    L'azienda esportatrice, una volta stabilito se il prodotto oggetto della vendita all'estero soddisfa le condizioni per essere definito preferenziale, richiede il rilascio di specifici certificati (EUR 1, EUR med, Form A) emessi dalle autorità doganali del Paese esportatore o appone la dichiarazione di origine preferenziale su fattura (solo per fatture al di sotto di un importo massimo definito in base ai singoli accordi). In certi casi, è possibile attestare l’origine preferenziale della merce anche in modo diverso rispetto alla presentazione di certificati, per esempio attraverso lo status di Esportatore Autorizzato (AE), o tramite il Sistema degli Esportatori Registrati (REX).

    Dopodiché, quando la merce arriva in dogana extra-UE, le autorità che si occupano dello sdoganamento emettono una bolla di importazione con sgravio daziario e l’importatore potrà quindi ottenere le proprie merci senza pagare il dazio previsto o con una sua considerevole riduzione.

 

Origine non preferenziale

L’origine non preferenziale (il cosiddetto Made in) si basa sull’insieme di regole emanate dall’Unione europea che qualificano gli scambi con i Paesi non legati ad essa da accordi tariffari: i prodotti venduti a questi Paesi pagano un dazio convenzionale, cioè pieno, previsto dalla tariffa doganale comune.

Le norme di origine non preferenziale sono utilizzate per determinare il paese di origine delle merci ai fini dell'applicazione del trattamento della nazione più favorita (MFN- Most Favoured Nation), ma anche per l'attuazione di una serie di misure di politica commerciale quali dazi antidumping e compensativi, embarghi commerciali, misure di salvaguardia e restrizioni quantitative o contingenti tariffari. Sono utilizzati anche per le statistiche commerciali, gli appalti pubblici e la marcatura di origine.

Per determinare l’origine non preferenziale di un prodotto, una delle norme principali a cui fare riferimento è l’articolo 60 del Codice Doganale Unionale (CDU), secondo il quale:

  • le merci interamente ottenute in un unico paese o territorio sono considerate originarie di tale paese o territorio. L’articolo 31 del Regolamento Delegato 2015/2446 (RD) specifica che l’intero processo produttivo/economico deve essere svolto in un solo Paese ed elenca le tipologie di prodotti interamente ottenuti, come ad esempio le materie prime coltivate, allevate o estratte in un determinato Paese;
  • le merci alla cui produzione contribuiscono due o più Paesi o territori sono considerate originarie del Paese in cui hanno subito l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale ed economicamente giustificata, effettuata presso un’impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione. A questo proposito, l’articolo 34 del RD identifica le cosiddette “operazioni minime”, ossia le lavorazioni e trasformazioni non ritenute sostanziali ai fini del conferimento dell’origine, come l’assemblaggio, l’imballaggio, la spolveratura, ecc...). Ad esempio, se si importa un container pieno di telai, ruote, manubri, freni e pedali fabbricati in Cina e, in Italia, si procede a stringere viti e bulloni sino ad ottenere delle biciclette, queste non potranno essere definite “made in Italy”, ma conserveranno l’origine cinese dei componenti.

Anche in questo caso, per stabilire se le operazioni effettuate in un dato Paese su materie non originarie siano o meno sufficienti a conferire l'origine di quel Paese, valgono le regole primarie del salto tariffario, della trasformazione specifica e del valore aggiunto.

L’origine non preferenziale delle merci viene attestata con il Certificato di Origine rilasciato dalla Camera di Commercio competente per territorio rispetto alla sede dell’esportatore sotto la responsabilità diretta dell’azienda dichiarante. Il Certificato di Origine deve recare tutte le indicazioni necessarie per l'identificazione delle merci cui si riferisce (come quantità, natura, peso lordo, peso netto, etc.) ed attestare, senza ambiguità, che la merce cui si riferisce è originaria di un determinato Paese.

In caso di dubbi in merito all’origine dei prodotti, un’impresa può ricorrere all’I.V.O. (Informazione Vincolante in materia di Origine), che è strumento volto a definire in modo certo ed univoco l’origine - preferenziale o non preferenziale - di un prodotto, sia all’importazione che all’esportazione. L’I.V.O. è vincolante in tutta la UE, per tutte le dogane comunitarie ed ha una validità di 3 anni.

Cosa accade se si dichiara un’origine non vera?

Se si commercializza un prodotto dichiarandone un’origine non corrispondente al vero, si commette il reato di frode in commercio; inoltre, se si mente dichiarando l’origine italiana, si commette anche il reato di falsa indicazione di origine. Se si chiede il rilascio di un certificato di origine, mentendo sull’origine effettiva dei beni, si commette il reato di falso ideologico. Infine, se si importa, esporta o commercializza un prodotto non originario dell’Unione Europea, che riporti segni o indicazioni che possano indurre il compratore a pensare che sia italiano (ad esempio, indicando in etichetta la sede legale dell’importatore italiano), si commette il reato di fallace indicazione di origine (equiparata al falso ideologico).

La falsa attestazione d’origine comporta, da un lato, il recupero dei dazi all’importazione da parte dell’Autorità doganale del paese di destinazione, con eventuali sanzioni e, dall’altro costituisce reato di falso in atto pubblico punibile a norma dell’art. 483 del codice penale.

Diventa quindi fondamentale per un’impresa conoscere le regole di origine, non solo per attenersi in modo scrupoloso ad esse evitando sanzioni e oneri aggiuntivi, ma anche per sfruttarle a proprio favore assicurandosi l’accesso ai benefici tariffari previsti dagli accordi commerciali, migliorare la competitività e tutelare la reputazione aziendale, garantendo ai consumatori prodotti di origine autentica e di qualità.


 

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