Finanza islamica: una bussola per un futuro più equo
Nell'odierno panorama finanziario globale, complesso e spesso incerto, sta attirando l'attenzione di un numero sempre maggiore di investitori, sia musulmani che non, un sistema alternativo rispetto agli strumenti e alle pratiche finanziarie tradizionali che si propone di promuovere una finanza più etica, trasparente e giusta: la finanza islamica.
Negli ultimi anni, secondo quanto riportato dallo State of the Global Islamic Economy Report 2023/24, il valore complessivo delle transazioni Shari'ah compliant è aumentato di oltre cinque volte, passando da 2,19 miliardi di dollari statunitensi nel 2021/22 a 14,4 miliardi nel 2022/23. Nonostante l’incertezza geopolitica e la crisi che ha investito i mercati finanziari con pesanti risvolti sull’economia reale, anche gli asset finanziari islamici hanno registrato un incremento del 17%, passando da una valutazione di 3,3 trilioni di dollari statunitensi nel periodo 2020/2021 ad una di 3,96 trilioni nel 2021/2022. Gli autori del report prevedono che entro il 2025/2026 raggiungeranno i 5,94 trilioni di dollari statunitensi, con un CAGR del 9%.
In questo articolo parleremo di:
- Principi giuridico - religiosi della finanza islamica;
- Strumenti utilizzati dalle banche islamiche per finanziare le imprese;
- I contratti basati sul PLS;
- Tipologie di contratti non PLS;
- I Sukuk
Nell'odierno panorama finanziario globale, complesso e spesso incerto, sta attirando l'attenzione di un numero sempre maggiore di investitori, sia musulmani che non, un sistema alternativo rispetto agli strumenti e alle pratiche finanziarie tradizionali che si propone di promuovere una finanza più etica, trasparente e giusta: la finanza islamica.
Negli ultimi anni, secondo quanto riportato dallo State of the Global Islamic Economy Report 2023/24, il valore complessivo delle transazioni Shari'ah compliant è aumentato di oltre cinque volte, passando da 2,19 miliardi di dollari statunitensi nel 2021/22 a 14,4 miliardi nel 2022/23. Nonostante l’incertezza geopolitica e la crisi che ha investito i mercati finanziari con pesanti risvolti sull’economia reale, anche gli asset finanziari islamici hanno registrato un incremento del 17%, passando da una valutazione di 3,3 trilioni di dollari statunitensi nel periodo 2020/2021 ad una di 3,96 trilioni nel 2021/2022. Gli autori del report prevedono che entro il 2025/2026 raggiungeranno i 5,94 trilioni di dollari statunitensi, con un CAGR del 9%.
Come si spiega questa crescita?
La finanza islamica non è solo un insieme di strumenti finanziari conformi ai dettami e alle tradizioni della Shari'ah, ma rappresenta un'intera filosofia economica che mira a creare un mondo più equo e prospero per tutti, promuovendo valori come la giustizia sociale, la responsabilità individuale e la sostenibilità ambientale.
Ecco perché, nonostante le sue radici nella religione musulmana, la finanza islamica sta guadagnando crescente interesse da parte degli investitori di tutto il mondo, musulmani e non. La sua enfasi sull'etica, la trasparenza e la condivisione del rischio, infatti, la rendono un'alternativa attraente rispetto al sistema finanziario tradizionale, spesso percepito come opaco e iniquo.
Principi giuridico-religiosi della finanza islamica
Come qualsiasi altro aspetto della vita di un musulmano, anche la finanza islamica si muove nell’ambito della dicotomia tra attività lecite (Halal) e proibite (Ḥarām). In linea generale, è Halal, e quindi consentito, tutto ciò che non è Ḥarām. Tra le attività catalogate come Ḥarām rientrano: la produzione e vendita di armi; la produzione di materiale pornografico ed attività collegate; la produzione, commercializzazione, vendita e ogni altra attività collegata al maiale e ad altre carni macellate con procedimenti non Halal; la produzione, distribuzione e vendita di bevande alcoliche e derivati; la produzione e vendita di tabacco, droghe o derivati; le scommesse e gioco d’azzardo (Maysir); le pratiche economiche che implicano eccessiva incertezza (Gharar); e soprattutto, le attività di finanza convenzionale basate sugli interessi (Ribā).
Il divieto di Ribā al cuore della finanza islamica
Il divieto di Ribā, ovvero il divieto di riscuotere o pagare interessi in quanto ritenuti assimilabili all’usura, è probabilmente il principio cardine attorno al quale ruota tutto il sistema della finanza islamica. Questo divieto porta infatti alla proibizione di forme di finanziamento riconducibili al tradizionale debito bancario fondato sul ricorso al tasso di interesse come forma di remunerazione degli intermediari finanziari e conduce a metodi di finanziamento alternativi che permettono di prestare denaro senza interesse.
Il divieto di Ribā non implica tuttavia che la finanza islamica rappresenti un’economia di gratuità, né che il prestito sia vietato né che il capitale non abbia un costo: ai fini dell’attività creditizia (sia essa svolta da una banca o da altro intermediario finanziario), quello che risulta vietato è l’applicazione di un tasso fisso di remunerazione del capitale stesso. Di conseguenza, sono vietate tutte le transazioni finanziarie appoggiate su un rapporto di debito, come prestiti ad interesse, titoli obbligazionari etc. ed in generale tutti i derivati comunemente usati dalle banche tradizionali per gestire il debito.
Strumenti utilizzati dalle banche islamiche per finanziare le imprese
Come possono fare allora imprese a finanziare le proprie attività e rimanere fedeli ai principi della Shari’ah?
Per far fronte al divieto di Ribā, il principio fondamentale che ogni operazione bancaria e finanziaria islamica deve rispettare è che ogni prodotto o contratto di investimento si basi sulla movimentazione di beni reali. In questo modo la banca sostiene l’investimento condividendo il rischio e di conseguenza acquisisce un diritto alla partecipazione ai profitti realizzati dall’impresa.
Le tecniche di finanziamento della finanza islamica possono essere divise in due grandi categorie a seconda del grado di partecipazione al rischio:
- tecniche basate sul profit-loss sharing (PLS), che consistono nella condivisione dei rischi e degli investimenti;
- tecniche di non profit-loss sharing (non PLS, comunemente dette anche di “mark-up”), che prevedono un rendimento predeterminato dell’investimento legato al servizio di intermediazione commerciale offerto dalla banca. Sono utilizzate principalmente per il credito al consumo e per i finanziamenti a breve e medio termine.
Ulteriore categoria è costituita dai prodotti bancari non finanziari tra i quali emergono in particolare: il Takaful, un'assicurazione islamica basata sul principio della mutua assistenza in base alla quale i membri di un pool versano premi periodici, utilizzati per coprire le richieste di risarcimento dei membri che subiscono un sinistro, promuovendo la solidarietà e la condivisione dei rischi; i Ṣukūk, obbligazioni islamiche che rappresentano una sorta di titolo obbligazionario.
I contratti basati sul PLS
I contratti principali che si basano sul PLS sono i contratti di Mudaraba e Musharaka, che sono alla base anche dell’attività di finanziamento e investimento in ambito internazionale (Joint Venture, Project Finance e Venture Capital).
- Contratto di Mudaraba
Il contratto di Mudaraba è un contratto associativo misto, di lavoro e capitale, che assolve ad una duplice funzione: far fruttare i capitali attraverso operazioni commerciali e procurare adeguati finanziamenti alle imprese.
In base al contratto di Mudaraba la banca conferisce il capitale all’impresa che lo impiega per un dato investimento o progetto. La banca partecipa al progetto apportandovi il capitale, mentre l’imprenditore vi partecipa con il proprio lavoro e attività; il progetto deve essere realizzabile e avere una previsione di rendita economica favorevole.
La banca partecipa ai profitti e alle perdite e l’imprenditore partecipa ai soli profitti, ma non ha diritto ad alcuna remunerazione per il proprio lavoro. Quindi le perdite vengono sopportate solo dal finanziatore (la banca) e la perdita dell’imprenditore è limitata al suo sforzo lavorativo. In mancanza di profitti il cliente sarà tenuto alla restituzione dei fondi ottenuti; in caso di perdite dovrà rimborsare la somma prestata meno l’ammontare delle perdite subite.
- Contratto di Musharaka
Nel contratto di Musharaka la banca e l’imprenditore costituiscono una società e, a differenza di quanto avviene nel contratto di Mudaraba, potrebbero esserci anche altri soci finanziatori. L’imprenditore in questo caso, apporta non solo la propria capacità organizzativa, ma anche una quota di capitali investita e partecipa sia agli utili che alle perdite.
L’alto livello di rischio, insito naturalmente in queste operazioni, fa sì che la Musharaka e le operazioni di finanziamento in conto capitale che ne derivano, trovino spazio operativo soprattutto a livello internazionale, nel settore della cooperazione commerciale, tecnico-economica e allo sviluppo.
A seconda dei casi, lo scopo può essere sia il finanziamento di una data impresa (già esistente o da costituire), sia il credito all’importazione o all’esportazione di merci mediante associazione tra banca e commerciante. In quest’ultimo caso le parti procedono all’apertura di un conto presso la banca nel quale depositano ciascuno la propria parte di capitale e ove saranno versati i proventi delle vendite che saranno successivamente divisi in base alle quote fissate nel contratto e proporzionalmente alle quote di capitale conferito. La merce viene venduta dal cliente-socio della banca che provvederà anche a fornire rendiconti periodici della situazione. La Musharaka si scioglie con l’esaurimento delle merci, ovvero trascorso un determinato termine dalla stipula del contratto.
- Joint Venture e Venture Capital Shari'ah compliant
I contratti bancari islamici hanno dimostrato, negli ultimi anni, un’elasticità tale da consentire agli operatori finanziari di impiegarli agevolmente anche in vaste operazioni di finanziamento come le Joint Venture.
Secondo il diritto musulmano le operazioni di joint venture si basano sui contratti di Mudaraba e Musharaka. In particolare, il conferimento di capitale da parte dei soci, al quale si accompagna spesso la creazione di una nuova società (solitamente in forma di società a responsabilità limitata), destinataria del finanziamento e avente la funzione di realizzare gli interessi comuni dei soci, rende la Musharaka particolarmente idonea a svolgere le funzioni di una Joint Venture Corporation. In quanto entrambi enti di natura societaria, Musharaka e Joint Venture Corporation sono assoggettate al diritto del Paese in cui sono state costituite.
Il contratto di Mudaraba invece, caratterizzato dal conferimento di capitale e lavoro, è più indicato per la realizzazione di una Joint Venture Contrattuale in cui il perseguimento dello scopo comune è affidato alla cooperazione contrattuale tra i soci.
In ogni caso va rilevato come, nella realizzazione dello scopo comune, la Joint Venture islamica risulti spesso composta dalla combinazione di Musharaka e Mudaraba a seconda delle esigenze, dando vita spesso ad una pluralità di contratti attraverso i quali le imprese coinvolte nella Joint Venture conferiscono capitale, lavoro e tecnologie.
Il contratto di Musharaka può essere utilizzato anche in operazioni di Venture Capital che consistono in forme di finanziamento realizzate attraverso la partecipazione al capitale di rischio delle imprese. Nei paesi musulmani l’attenzione è concentrata sugli artigiani e le piccole industrie, finanziati attraverso la cosiddetta “Musharaka mutanaqisa”, che permette alla banca di recuperare progressivamente i suoi fondi, grazie ai profitti realizzati, e di uscire gradualmente dal progetto, mentre il cliente riacquista man mano la titolarità del capitale d’impresa.
Con la Musharaka i finanziatori “acquistano” una quota anche rilevante (tra il 50 e il 65%) dell’impresa emergente, riservandosi di trasferire i titoli nuovamente all’impresa dopo un certo lasso di tempo o di collocarli sul mercato. Nonostante il contratto preveda la gestione congiunta dell’operazione, e nonostante l’acquisizione di quote spesso maggioritarie da parte dei finanziatori, questi ultimi affidano nella maggior parte dei casi la gestione all’imprenditore, conservando un ruolo di consulenza, supervisione e monitoraggio dello sviluppo dell’operazione.
Tipologie di contratti non PLS
I contratti più comuni sono:
- Murabaha o vendita a termine: la banca acquista il bene per il cliente e glielo rivende ad un mark-up comprensivo del servizio offerto, prestabilito al momento del contratto;
- Igarah, leasing, o contratti di affitto e locazione di un bene, con pagamento rateizzato del servizio offerto;
- Istisna: pagamento rateizzato di un finanziamento in cui i pagamenti vengono effettuati all’aumentare della produttività, con una graduale diminuzione della proprietà della banca;
- Salam: pagamento anticipato per beni resi a posteriori;
- Wakala: contratto di agenzia.
I Ṣukūk
Particolare attenzione, infine, meritano i Ṣukūk strumenti nati negli anni ’90 per far fronte alle esigenze esposte dalle banche islamiche, e principalmente dagli investitori, che ricercavano un prodotto Shari’ah compliant che permettesse, da un lato la gestione della liquidità, e dall’altra di investire i risparmi in modo conforme alla Legge Islamica.
Ṣukūk è il plurale della parola araba Sakk il cui significato è “certificato”: il Sakk, infatti è un certificato di investimento, conforme alla Shari’ah, assimilabile ad un’obbligazione nella finanza occidentale. Tuttavia, mentre i sottoscrittori delle obbligazioni sono titolari di un diritto di credito, i possessori di Ṣukūk acquistano pro quota la proprietà dei beni e, a differenza di quanto avviene per le obbligazioni tradizionali, le quali garantiscono un rendimento prefissato, i Ṣukūk seguono il principio del Profit and Loss Sharing: l’utile percepito dipende dall’andamento del bene, non essendoci nessun tipo di interesse garantito. Di conseguenza, la remunerazione del Sakk non è un dividendo, né un interesse, ma una quota del reddito che l’asset sottostante produce. A differenza delle obbligazioni convenzionali, le emissioni Ṣukūk devono infatti corrispondere ad un progetto determinato, reale e tangibile.
I Ṣukūk quale fonte alternativa e/o integrativa di approvvigionamento finanziario per le aziende e per gli enti governativi, sono strumenti che consentono sia di sviluppare progetti infrastrutturali (strade, ponti, porti, ospedali, istituti di istruzione, alloggi, ecc.) che sostenere il debito di bilancio di uno Stato.
Si possono delineare diverse tipologie di Ṣukūk quanti sono i modelli contrattuali coranici classici usati in ambito finanziario.
S&P Global Ratings stima che l'emissione globale di Ṣukūk abbia raggiunto i 174 miliardi di dollari nel 2022, in aumento rispetto ai 148,4 miliardi di dollari del 2020.
A livello globale si registra un crescente interesse per i Ṣukūk ecologici e verdi/sostenibili, i cosiddetti “Green Ṣukūk”. Il panorama degli investimenti, infatti, sta cambiando, con una crescente enfasi sui fondi tematici ESG che danno priorità ai fattori ambientali, sociali ed etici rispetto al solo profitto.
Allo stesso tempo, sta aumentando la domanda di fondi tecnologici che consentono agli investitori musulmani di partecipare ai progressi tecnologici nel rispetto della loro fede.
Queste tendenze sottolineano l'espansione della gamma di opzioni di investimento che soddisfano esigenze etiche e religiose diversificate. Per questo si prospettano interessanti sviluppi per i fondi tematici ESG e per i fondi tecnologici conformi alla Shari’ah, che puntano a capitalizzare sulla domanda crescente di prodotti di investimento islamici sostenibili e innovativi.
In un mondo alle prese con crescenti disuguaglianze e sfide economiche, la finanza islamica si propone come un'opzione valida per coloro che cercano un sistema finanziario più sostenibile e allineato con i propri valori etici. Con la sua enfasi sulla condivisione del rischio, la trasparenza e la giustizia, la finanza islamica ha il potenziale di contribuire a costruire un futuro finanziario più solido e inclusivo per tutti.