Fiscalità e-commerce all'estero: una guida completa

Gli adempimenti fiscali per l'e-commerce transfrontaliero possono essere complessi, ma con la giusta dose di studio e pianificazione, è possibile navigare con successo questo panorama normativo e sfruttare appieno le opportunità offerte dal mercato digitale.

L'e-commerce rappresenta un'opportunità concreta per le aziende di ampliare il proprio bacino di clienti e conquistare nuovi mercati oltre i confini nazionali.

I dati confermano questa tendenza: secondo quando riportato da eMarketer, nel 2023 le vendite globali effettuate online hanno raggiunto quota 5.821miliardi di dollari, con una crescita del 10% rispetto all’anno precedente. La nota società di ricerca prevede che nell’anno in corso arriveremo a 6.334 miliardi di dollari (+8,8%), fino a raggiungere quasi i 9.000 miliardi di dollari nel 2027, quando la percentuale delle vendite online sul totale delle vendite retail sarà del 22,6%, contro il 19,4% attuale.

Tuttavia, anche se grazie alle varie possibilità offerte dal web creare un e-commerce sta diventando abbastanza accessibile, non ci si improvvisa venditori online.  Infatti, la vendita online è soggetta a precise normative legali e fiscali, oltre a una serie di adempimenti burocratici. Quando si ha a che fare con l’estero la situazione si complica ulteriormente perché bisogna considerare anche le normative locali.

Soprattutto dal punto di vista fiscale bisogna porre particolare attenzione per non incorrere in pesanti sanzioni.

Il diritto tributario italiano non prevede alcuna normativa specifica per il commercio elettronico. Per verificare le disposizioni applicabili a questa materia occorre quindi analizzare le varie discipline fiscali, dalle normative sull’IVA fino alle imposte sui redditi con le varie applicazioni transfrontaliere. Vanno pertanto considerate, oltre alle disposizioni nazionali, quelle comunitarie e di diritto tributario internazionale.

In questo articolo parleremo di: 

  • E-commerce diretto e indiretto;
  • cosa è cambiato dal 2021 ad oggi
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Gli adempimenti fiscali per l'e-commerce transfrontaliero possono essere complessi, ma con la giusta dose di studio e pianificazione, è possibile navigare con successo questo panorama normativo e sfruttare appieno le opportunità offerte dal mercato digitale.

L'e-commerce rappresenta un'opportunità concreta per le aziende di ampliare il proprio bacino di clienti e conquistare nuovi mercati oltre i confini nazionali.

I dati confermano questa tendenza: secondo quando riportato da eMarketer, nel 2023 le vendite globali effettuate online hanno raggiunto quota 5.821miliardi di dollari, con una crescita del 10% rispetto all’anno precedente. La nota società di ricerca prevede che nell’anno in corso arriveremo a 6.334 miliardi di dollari (+8,8%), fino a raggiungere quasi i 9.000 miliardi di dollari nel 2027, quando la percentuale delle vendite online sul totale delle vendite retail sarà del 22,6%, contro il 19,4% attuale.

Tuttavia, anche se grazie alle varie possibilità offerte dal web creare un e-commerce sta diventando abbastanza accessibile, non ci si improvvisa venditori online.  Infatti, la vendita online è soggetta a precise normative legali e fiscali, oltre a una serie di adempimenti burocratici. Quando si ha a che fare con l’estero la situazione si complica ulteriormente perché bisogna considerare anche le normative locali.

Soprattutto dal punto di vista fiscale bisogna porre particolare attenzione per non incorrere in pesanti sanzioni.

Il diritto tributario italiano non prevede alcuna normativa specifica per il commercio elettronico. Per verificare le disposizioni applicabili a questa materia occorre quindi analizzare le varie discipline fiscali, dalle normative sull’IVA fino alle imposte sui redditi con le varie applicazioni transfrontaliere. Vanno pertanto considerate, oltre alle disposizioni nazionali, quelle comunitarie e di diritto tributario internazionale.

E-commerce diretto ed indiretto

Prima di analizzare gli aspetti fiscali nello specifico, è però necessario operare una prima fondamentale distinzione che è quella tra commercio elettronico diretto ed indiretto. Il primo comprende operazioni che si svolgono interamente in modalità telematica, quindi hanno ad oggetto beni immateriali e servizi ordinati e anche forniti direttamente online senza che vi sia un’operazione materiale di trasporto o consegna (ad esempio forniture di e-book, database, siti web). Il commercio elettronico indiretto riguarda invece beni materiali che vengono ordinati e pagati online, ma consegnati fisicamente (attraverso la posta, un corriere o uno spedizioniere).

Gli adempimenti fiscali nell’uno e nell’altro caso variano, sostanzialmente, in funzione:

  • della tipologia del soggetto acquirente (consumatore finale B2C o operatore economico B2B);
  • del Paese di destinazione dei beni o servizi (Italia, Paese UE o Paese extra-UE);
  • della natura dei prodotti oggetto dell’operazione (se soggetti o meno ad accisa);
  • del regime fiscale adottato (regime tradizionale o sportello unico).

Commercio elettronico diretto

Come già detto, nel commercio elettronico diretto, le transazioni vengono eseguite interamente online e in maniera digitale. Oggetto della fornitura sono pertanto beni immateriali che vengono consegnati in forma elettronica via internet. Dal punto di vista fiscale si tratta sostanzialmente della fornitura di servizi come website, web hosting, manutenzione a distanza di programmi e attrezzature; la fornitura di software e rispettivi aggiornamenti; la fornitura di immagini, testi e informazioni nonché di banche dati; ancora di musica, film e giochi, compresi giochi e lotterie, nonché di trasmissioni ed eventi di politica, cultura, arte, sport, scienza e intrattenimento ed infine servizi per la didattica a distanza.

Cessioni B2B

Per le cessioni a committenti in territorio nazionale si applica l’IVA italiana. Inoltre, vanno osservate tutte le disposizioni previste per le operazioni su territorio nazionale, tra cui anche quelle relative all’emissione di fatture elettroniche.

Per le cessioni che avvengono a dei soggetti con sede in un altro Paese membro dell’UE, il luogo di effettuazione dell’operazione si sposta nel Paese di destinazione. L’operazione non è soggetta ad imposta in Italia, ma rimane comunque l’obbligo della fatturazione che viene emessa senza IVA. Il presupposto che permette la fatturazione senza IVA è che il cliente sia un imprenditore in possesso di un numero di identificazione IVA e che l’abbia comunicato al fornitore.

Anche i servizi forniti a committenti con sede in un Paese terzo vanno fatturati senza IVA, e verrà riportata la dicitura "operazione non soggetta"(tali operazioni vanno indicate nel cd. Esterometro).

Cessioni B2C

Per il commercio elettronico diretto destinato a consumatori finali con sede in un altro Paese membro dell’UE il luogo di effettuazione dell’operazione si sposta nel Paese di residenza del cliente.

Sono escluse le piccole vendite effettuate da fornitori con sede in territorio nazionale fino a un limite massimo di 10.000 euro. Tale soglia non dovrà essere superata né nell’anno precedente, né in quello in corso. Per l’applicazione dell’IVA, occorre registrarsi nel Paese di destinazione per seguire il regime al momento in vigore, oppure si potrà applicare la procedura OSS (One Stop Shop), un regime opzionale che ha lo scopo di semplificare gli adempimenti sugli acquisti di bei servizi di telecomunicazione e teleradiodiffusione in seguito alla registrazione sull’apposito portale. Vanno applicate le disposizioni in vigore nei singoli Stati (compresi eventuali obblighi di fatturazione). L’IVA dovuta nei singoli Stati di destinazione è dovuta per intero, senza considerare l’imposta a monte sui relativi acquisti. Pertanto, l’IVA nazionale potrebbe andare a credito.

Commercio elettronico indiretto

Cessioni B2B

Nel commercio elettronico indiretto per le cessioni di beni situati su territorio nazionale effettuate nei confronti di soggetti IVA (B2B) con sede e anche luogo di consegna in Italia, si applica il regime IVA italiano, in quanto la territorialità dell’operazione è la stessa. Inoltre, vanno osservate tutte le disposizioni vigenti per le operazioni su territorio nazionale, tra cui quelle relative all’emissione di fatture elettroniche.

Quando i beni situati su territorio nazionale vengono spediti o trasportati ad un soggetto d’imposta in un altro Paese membro dell’UE, si tratterà di una cessione intracomunitaria non imponibile, definita anche come operazione esente, dato che verrà a mancare il presupposto territoriale. Per far sì che la fatturazione sia priva di IVA, sarà necessario che il cliente sia possessore di un numero di partita IVA e che questo, sia comunicato al fornitore. Inoltre, bisognerà indicare nel modello Intrastat la spedizione e la consegna in un altro Paese membro.  Per questa tipologia di spedizioni sono presenti delle soglie di protezione previste dal Paese di destinazione e secondo quanto previsto dalla direttiva comunitaria per il sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, la soglia rientra tra i 35.000 e i 100.000 euro. Finché tale soglia non viene superata, le vendite sono soggette all’IVA italiana. Se la soglia viene superata, la territorialità dell’operazione si trasferisce, e dunque il fornitore, dopo la registrazione, dovrà applicare e versare l’IVA nel Paese in questione. Lo spostamento dell’obbligo fiscale avverrà a partire dalla prima cessione con la quale viene superata la soglia prevista, mentre le cessioni effettuate prima del superamento della soglia, manterranno in vigore il regime dell’IVA italiana. L’obbligo fiscale nell’altro Paese resterà in forza anche per le cessioni successive dello stesso anno e di quello seguente. Fanno eccezione i prodotti soggetti alle accise e ad altre imposte sui consumi come i vini e i superalcolici, vetture nuove e oggetti che il fornitore deve montare o installare in quel determinato Paese. In questo caso l'operazione si considera sempre effettuata nel Paese di arrivo con il conseguente obbligo di applicare l'IVA di quest’ultimo.

Se invece i beni situati sul territorio nazionale sono spediti o trasportati in un Paese al di fuori dell’Unione Europea, si tratta di una cessione all’esportazione non imponibile. Per poter applicare l’esenzione dell’IVA sarà necessaria la dichiarazione doganale o di esportazione che comprovi l’operazione. Ciò vale anche per la spedizione di piccoli pacchetti. Per poter svolgere le pratiche di sdoganamento, occorre emettere la fattura per la cessione interessata. Qualora non sia possibile documentare l’esportazione, verrà applicato il regime IVA italiano.

Cessioni B2C

Per le cessioni a consumatori finali (B2C), nel commercio indiretto, si applicano le normative delle vendite per corrispondenza, ovvero delle vendite a distanza. Tali cessioni sono qualificate come vendite al dettaglio, per le quali sono previste particolari agevolazioni, per esempio non sussiste l’obbligo di fatturazione, a meno che la fattura non sia espressamente richiesta dal cliente prima dell’operazione di vendita, non sussiste l’obbligo di emettere uno scontrino di cassa, uno scontrino elettronico o una ricevuta fiscale. Tuttavia i fatturati delle vendite per corrispondenza, vengono registrati nel libro dei corrispettivi e indicati nella liquidazione IVA mensile o trimestrale.

Le vendite effettuate da imprese nazionali vanno distinte per residenza del cliente. Si avranno così:

  • cessioni effettuate ad acquirenti in Italia e quindi soggette ad IVA in Italia;
  • cessioni effettuate ad acquirenti con sede in un altro Paese UE: fino ad una soglia complessiva di 10 mila euro all’anno, soggette ad IVA in Italia. Prima del 2021 tale soglia poteva oscillare tra 35 e 100 mila euro, come per il B2B, ma tali soglie sono state abrogate ed è stata introdotta quella unica di 10 mila euro. Per le vendite superiori a tale cifra si applica il principio del Paese di destinazione e l’IVA va quindi applicata in base alle disposizioni dello Stato di residenza del cliente;
  • cessioni effettuate ad acquirenti in Paesi terzi: queste dovranno essere comprovate attraverso pratiche di sdoganamento per l’esenzione IVA.

Cosa è cambiato dal 2021?

Per semplificare gli adempimenti fiscali nell'e-commerce transfrontaliero all'interno dell'Unione Europea, nel corso degli anni sono stati introdotti dal legislatore diversi strumenti che permettono ai venditori di evitare di registrarsi per il versamento dell'IVA in ciascun Paese membro, snellendo la gestione amministrativa e consentendo il pagamento dell'IVA dovuta in un'unica dichiarazione periodica.

Fino al 2020, era in vigore il Regime IVA MOSS (Mini One-Stop Shop o Mini Sportello Unico), un  regime IVA opzionale che poteva essere adottato solo da coloro che vendevano servizi digitali (e-commerce diretto) e operavano in diversi Paesi europei, col vantaggio di non doversi registrare e presentare la dichiarazione IVA in ciascuno dei Paesi in cui operavano.

A partire dal 1° luglio 2021 il MOSS è confluito nei Regimi IVA OSS (One-Stop Shop) e IOSS (Import One-Stop Shop), aprendo di fatto questa semplificazione a tutte le tipologie di vendita a distanza di beni e servizi, quindi anche per l’e-commerce indiretto.

Nello specifico:

  • il regime OSS (One Stop Shop) è valido per le vendite a distanza sopra la soglia dei 10.000 euro di beni spediti a partire da uno Stato membro e a destinazione di consumatori finali di altro Stato membro dell’Unione europea e per le prestazioni di servizi rese a consumatori finali assoggettate all’IVA nello Stato membro di consumo;
  • il regime IOSS (Import One Stop Shop) si riferisce alle vendite a consumatori finali di beni importati da Paesi terzi in spedizioni di valore non superiore a 150 euro.

Con il Regime IVA OSS/IOSS è possibile effettuare un'unica dichiarazione e un unico versamento in Italia. Sarà poi l'Agenzia delle Entrate a occuparsi di versare l'IVA nei Paesi coinvolti dalle transazioni.

L'adesione a OSS e IOSS è facoltativa e può essere effettuata tramite il sito dell'Agenzia delle Entrate o tramite l'intermediazione di un consulente specializzato.

Altra novità, sempre in vigore dal 1° luglio 2021, riguarda la vendita tramite interfaccia elettronica: se un soggetto passivo facilita - tramite l’uso di un’interfaccia elettronica come un marketplace, una piattaforma o un portale - le vendite a distanza di beni importati da Paesi terzi con spedizioni di valore intrinseco non superiore a 150 euro, la partenza della spedizione o il trasporto dei beni sono imputati ai fini IVA alla cessione effettuata da tale soggetto passivo facilitatore. Spetterà dunque al marketplace assolvere e applicare l’IVA.

In definitiva, l'e-commerce rappresenta un potente strumento di crescita per le aziende, ma richiede una pianificazione attenta e una gestione oculata degli aspetti fiscali. Con il giusto approccio e le necessarie competenze, è però possibile navigare con successo il mare delle tasse internazionali e conquistare nuovi mercati con il digitale. 

 


 

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