Gli ultimi aggiornamenti sugli accordi di libero scambio siglati dall’Unione europea: i prodotti di origine preferenziale

Parlamento europeo

In collaborazione con Easyfrontier

 

Nel corso degli ultimi anni, l’Unione europea ha siglato numerosi accordi di libero scambio con singoli paesi o gruppi di paesi terzi. Tali accordi garantiscono, tra gli altri, benefici  – in termini di riduzione o totale abbattimento dei dazi per i cosiddetti prodotti di origine preferenziale.

Questi  accordi di libero scambio  sono pubblicati in Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea e sono reperibili sul sito di riferimento oppure sulla pagina web della Commissione europea dedicata al tema.

 

 

Prodotti di origine preferenziale: cosa sono e come sono regolati

L’origine preferenziale si basa su regole definite in sede di accordo e contenute all’interno del cosiddetto “protocollo d’origine”, allegato all’accordo stesso. Sono considerati originari:

  • I prodotti interamente realizzati in uno dei paesi parte dell’accordo
  • I prodotti lavorati, a condizione che rispettino le regole di origine previste dall’accordo. Tali regole stabiliscono le lavorazioni alle quali devono essere sottoposti i materiali non originari, nel paese di ultima lavorazione, affinché i prodotti finiti possano acquisire l’origine preferenziale di quel paese.

Ciascun accordo comprende un elenco puntuale dei prodotti considerati interamente ottenuti e, dunque, automaticamente di origine preferenziale: tra essi, figurano i prodotti minerari estratti dal suolo o dal fondo marino, prodotti vegetali raccolti nello Stato esportatore; gli animali vivi, ivi nati ed allevati; i cascami e gli avanzi di lavorazione, etc.

Al protocollo, poi, è allegato l’elenco delle regole di origine per i prodotti lavorati, dettate per voce doganale (VD, 4 cifre), sottovoce (SA, 6 cifre) o capitolo (2 cifre) del sistema armonizzato.

Vediamo ora alcune regole:

 

1) Regola del cambio di codice di classificazione doganale 

 il caso più ricorrente è il salto di voce doganale (CTH – Change of Tariff Heading), che prevede che materie prime e componenti non di origine preferenziale impiegati nel processo produttivo del prodotto finito siano classificate in una voce doganale diversa da quella del prodotto finito. La regola del cambio di classificazione doganale può essere espressa anche come “cambio di capitolo” (CC – Change of Chapter) o “cambio di sottovoce doganale” (CTSH – Change of Tariff Sub-Heading): nel primo caso, tutti i materiali/componenti non di origine preferenziale impiegati devono essere classificati in un capitolo del Sistema Armonizzato diverso da quello in cui è classificato il prodotto finito; nel secondo caso, invece, i materiali/componenti non di origine preferenziale devono essere classificati in una sottovoce (o codice di Sistema Armonizzato, a 6 cifre) diversa da quella del prodotto finito.

 

2) Regola del valore (talvolta, presente anche in combinazione con la regola CTH)

 Tale regola è espressa, nella maggioranza degli accordi UE, come la percentuale massima di valore dei materiali/componenti non originati rispetto al prezzo franco fabbrica[1]

 

3) Regole Specifiche

per alcune categorie merceologiche sono previste regole particolari che prevedono lavorazioni specifiche cui i prodotti devono essere sottoposti affinché ottengano l’origine preferenziale. Per esempio, nel settore tessile gli accordi prevedono che la maggior parte dei tessuti siano fabbricati a partire da fibre.

Fermo restando il rispetto delle regole d’origine, per poter beneficiare del trattamento preferenziale, i prodotti originari devono essere accompagnati da una specifica prova dell’origine.

 Tradizionalmente, tale prova consiste nel certificato EUR.1, rilasciato dalle autorità doganali su richiesta dell’esportatore o di un suo rappresentante.

In alternativa, la maggior parte degli accordi prevede la possibilità di ricorrere alla dichiarazione d’origine su fattura o altro documento commerciale che permetta di identificare le merci.

 

 

 

 

export commercial

 

 

Accordi commerciali in Corea del Sud

La Corea del Sud  non prevede l’utilizzo dell’EUR.1: per beneficiare delle agevolazioni daziarie per esportazioni di valore superiore a € 6.000, l’esportatore deve necessariamente essere titolare di status di esportatore autorizzato.

L’eliminazione dell’EUR.1 come prova dell’origine è caratteristica dei più recenti accordi conclusi dalla UE. Analogamente anche l’accordo con Singapore, in vigore dal 21 novembre 2019, prevede che la prova di origine possa essere costituita esclusivamente da una dichiarazione di origine rilasciata da un esportatore autorizzato.

 

Accordi commerciali in Canada, Giappone e Vietnam

Negli accordi di più recente negoziazione (Canada, Giappone e Vietnam, quest’ultimo entrato in vigore il 1° agosto 2020), al fine di rilasciare una prova dell’origine, gli esportatori UE non devono più richiedere lo status di esportatore autorizzato ma devono fare domanda di registrazione al sistema REX (Registered Exporter), e riportare il relativo numero d’origine nella dichiarazione di origine.

 

Accordi commerciali nei paesi ESA (Africa)

Dal 1° settembre 2020, poi, anche l’accordo con i Paesi ESA (Eastern and Southern Africa), che comprende Comore, Madagascar, Mauritius, Seychelles e Zimbabwe, prevede come unica prova dell’origine la dichiarazione su fattura compilata, per spedizioni contenenti merci di origine preferenziale di valore superiore a € 6.000, da un esportatore registrato al sistema REX.

Oltre agli accordi con Canada, Giappone, Vietnam e Paesi ESA, il REX è utilizzato anche in ambito SPG – Sistema delle Preferenze Generalizzate, che garantisce un’agevolazione daziaria ai prodotti originari dei paesi in via di sviluppo importati in UE, e in ambito PTOM – Paesi e Territori d’Oltremare. È opportuno specificare che, in via generale, anche i benefici daziari in ambito PTOM sono unilaterali e applicabili esclusivamente ai prodotti originari di un PTOM e importati in UE. Fanno eccezione solo Nuova Caledonia, Polinesia francese e Saint Pierre e Miquelon, che riconoscono un trattamento preferenziale anche ai prodotti originari della UE.

 

Accordi commerciali in Messico 

Alcuni degli accordi siglati dalla UE sono in fase di revisione. Nello specifico, nel 2016 Unione europea e Messico hanno avviato le negoziazioni per un nuovo accordo, che sostituirà quello siglato nel 2000. L’obiettivo è quello di ridurre o eliminare alcune barriere al commercio ancora in piedi, come i dazi elevati applicati dal Messico ai prodotti alimentari e bevande originari dell’Unione. Ad aprile 2018, è stato raggiunta l’intesa sui principi del nuovo accordo.

 

Accordi commerciali in EFTA

È in fase di revisione anche uno dei più importanti accordi della UE, ossia la Convenzione regionale sulle norme di origine preferenziali paneuromediterranee che coinvolge, oltre all’Unione, i paesi EFTA (Svizzera, Liechtenstein, Islanda, Norvegia), i paesi del processo di Barcellona (alcuni paesi nordafricani e del Medio Oriente), i paesi del processo di stabilizzazione e di associazione (Balcani), Ucraina, Moldavia e Georgia.

La necessità di tale revisione deriva da difficoltà riscontrate nell’applicazione dell’accordo e, in particolare, delle regole di origine, che saranno semplificate in modo da consentireuna più semplice lettura dell’accordo el’ottenimento dell’origine preferenziale con i conseguenti benefici sui dazi.

Inoltre anche nell’ambito dell’accordo Paneuromediterraneo, si punterà all’introduzione del sistema REX come alternativa ai certificati EUR.1 e all’esportatore autorizzato.

Ad oggi, i negoziati sono ancora in corso.

 

Accordi commerciali in Cina, Giappone e Corea del Sud (Rcep)

È stato firmato invece ad Hanoi l’accordo di libero scambio chiamato Rcep che trasformerebbe Pechino nel nuovo epicentro del multilateralismo. Per la prima volta infatti, tre delle prime quattro economie asiatiche – Cina, Giappone, Corea del Sud – faranno parte di uno stesso accordo di libero scambio. Tra gli obiettivi principali dell’accordo ci è quello di ridurre progressivamente i dazi fino al 90% sulle merci in circolazione nel giro di 20 anni. Ciò significa che grazie al Rcep non sarà più necessario concludere ogni volta accordi specifici tra due Stati per togliere dazi sui beni commerciati. Da ora in poi un produttore di un Paese membro del RCEP potrà commerciare liberamente con tutti gli altri 14 paesi dell’accordo

 

 

 

 

 

 
   

 

 

 

 

 

 

 

[1] Per “prezzo franco fabbrica” si intende il prezzo al quale il prodotto è venduto, al netto di eventuali costi di trasporto e di imposte che potrebbero essere recuperate al momento dell’esportazione (si pensi, ad esempio, ai rimborsi siderurgici per i prodotti in ferro). La regola del valore, poi, può essere espressa anche come percentuale minima del valore di contenuto regionale (RVC – Regional Value Content) rispetto al prezzo FOB[1] del prodotto finito. La regola del RVC è presente, ad oggi, sono nell’accordo tra Unione europea e Giappone. 

 

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