Guida per la Redazione di un Business Plan per l'Internazionalizzazione Aziendale Parte VI
Il piano strategico all'interno di un business plan per l'internazionalizzazione è una componente fondamentale per delineare la direzione e gli obiettivi chiave dell'espansione dell'azienda. Il successo dell’iniziativa può dipendere da tanti fattori: dai nuovi investimenti che verranno fatti, dalle modalità di ingresso nel paese estero prescelto, dai canali di vendita adottati, dalla struttura organizzativa impiegata, dalle risorse finanziarie disponibili, etc.
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Definizione del piano strategico
Il piano strategico all'interno di un business plan per l'internazionalizzazione è una componente fondamentale per delineare la direzione e gli obiettivi chiave dell'espansione dell'azienda. Il successo dell’iniziativa può dipendere da tanti fattori: dai nuovi investimenti che verranno fatti, dalle modalità di ingresso nel paese estero prescelto, dai canali di vendita adottati, dalla struttura organizzativa impiegata, dalle risorse finanziarie disponibili, etc.
Spesso le imprese, soprattutto quelle più piccole e meno strutturate per affrontare i mercati esteri, hanno un approccio attendista, poco propositivo e pertanto non predispongono alcuna strategia nel presentarsi oltre confine o si pongono alcuni quesiti solo quando l’occasione, per lo più sporadica e saltuaria, si presenta loro. In questa logica di pull strategy, giustificabile solo in parte, in verità, nella fase di attesa non vengono condotti grossi investimenti ed attività operative. Solo a seguito di un ordine e magari anche di grandi dimensioni, l’impresa si attiva cercando di colmare il gap ed assecondare le richieste del cliente estero.
Rivolgiamo l’attenzione invece all’impresa che adotta un approccio proattivo oltre confine, quella che designa una push strategy precisa, che getta le basi per il suo successo, dedicando tempo e risorse per sviluppare il business nei mercati esteri.
Due sono gli aspetti chiave che non dovrà assolutamente tralasciare nella redazione del suo piano strategico:
- la selezione della modalità di ingresso: ossia decidere se entrare nei mercati target attraverso joint venture, partnership, franchising, esportazioni dirette, acquisizioni o altre strategie;
- l’adattamento del proprio prodotto/servizio offerto: considerare se è necessario adattare il prodotto o servizio per soddisfare le esigenze del nuovo mercato.
Il primo punto è davvero cruciale e salvo i casi in cui si è obbligati ad adottare una modalità piuttosto che un’altra, a causa delle normative locali o del settore in cui l’azienda opera, la scelta deve essere studiata con cautela e lungimiranza. Nulla vieta di prevedere, ad esempio, che un’impresa approcci l’estero almeno inizialmente, con una strategia di mero export dall’Italia, rifornendo direttamente i clienti esteri, intesi come distributori o importatori, senza avere agenti o strutture commerciali locali. Così come è auspicabile che la stessa impresa, con il passare dei mesi, prenda confidenza con il mercato estero, inizi a conoscerne le dinamiche e le potenzialità, e che decida di aprire una struttura in loco, magari un magazzino, degli uffici commerciali e che quindi da mera esportatrice diventi anche investitrice.
Spesso le imprese approcciano i mercati, magari quelli più lontani geograficamente e distanti anche culturalmente dal proprio, attraverso partnership con operatori locali. È una scelta saggia e corretta, soprattutto quando si comprendono anticipatamente i propri limiti e le difficoltà che si dovrebbero affrontare se si entrasse da soli nel mercato estero di riferimento. L’avere un partner locale, serio ed affidabile, aiuta a calmierare i rischi, ad evitare errori, anche banali, a meglio intercettare le tendenze della domanda e a pianificare l’offerta ed i relativi investimenti da attuare in modo preciso.
Viceversa, se il mercato è sufficientemente accessibile, se è ancora attrattivo con possibilità di intercettare interessanti quote di domanda, allora è anche ipotizzabile da subito un approccio diretto.
Ogni decisione strategica deve essere guidata dall’analisi dei dati e dall’export check-up condotto internamente. Non c’è una strada preconfigurata che possa andare bene per qualsiasi impresa. Ognuna definisce il proprio cammino ritagliandosi su misura il percorso migliore e le tappe per compierlo tutto e raggiungere i propri obiettivi.
Il secondo punto riguarda l’adattamento del prodotto/servizio offerto al mercato locale estero prescelto. Si hanno in sostanza tre scenari possibili:
- il prodotto/servizio non necessita di particolari modifiche e si può esportare la stessa offerta proposta sul mercato interno;
- bisogna intervenire in modo più o meno significativo per adattare beni e servizi alle caratteristiche ed alle esigenze del mercato estero;
- occorre progettare e realizzare un nuovo prodotto/servizio esclusivamente per il mercato estero di riferimento.
Negli ultimi due punti, sebbene con grado di intensità e di investimenti diversi, l’impresa deve riprogettare la propria offerta commerciale per andare incontro a ciò che il mercato estero richiede. Ciò potrebbe richiedere significative modifiche nel design, nei colori, nei messaggi pubblicitari e in altri aspetti per adattarsi alle norme culturali del nuovo mercato.
In tutti i casi, prima di lanciare completamente il prodotto o servizio, bisogna considerare la possibilità di testare il mercato con una fase pilota per raccogliere feedback ed apportare ulteriori modifiche prima del definitivo lancio completo.