L'Italia verso un futuro di crescita e prosperità: attrarre investimenti esteri per potenziare il sistema Paese

L'Italia ha il potenziale per attrarre maggiori IDE e per diventare un Paese più competitivo a livello internazionale. Per centrare questo obiettivo è necessario attuare riforme strutturali, semplificare le procedure, investire in infrastrutture e capitale umano, valorizzare i settori promettenti e potenziare la ricerca e lo sviluppo. Un'implementazione efficace del PNRR può essere il motore di questa trasformazione e il punto di partenza per un futuro di crescita e prosperità.

Gli investimenti esteri nell’economia globalizzata rivestono un ruolo essenziale per la crescita economica ed occupazionale di un Paese, contribuendo allo sviluppo dell’innovazione nei processi industriali e nei servizi. Essi, inoltre, apportano un significativo beneficio in termini di incremento della produttività, del valore aggiunto e delle perfomance delle imprese. Un’economia moderna deve aprirsi ai capitali stranieri per essere parte delle “global value chains”: gli investimenti esteri apportano capitali preziosi anche a quelle imprese le cui ridotte dimensioni non consentono di essere competitive sui mercati internazionali e introducono metodologie di lavoro innovative, nonché maggiore familiarità con mercati lontani, altrimenti difficilmente penetrabili. Gli Investimenti Diretti Esteri (IDE), inoltre permettono al Paese destinatario di specializzarsi ulteriormente nei settori in cui ha un vantaggio competitivo e costituiscono quindi un’opportunità di industrializzazione e crescita economica, sia per il Paese investitore sia per quello destinatario (secondo una logica di win-win solution).

Negli ultimi due decenni l’economia mondiale è stata caratterizzata da una crescita molto sostenuta dei flussi degli Investimenti Diretti Esteri. In questo contesto, l’Unione Europea è diventata, a partire dai primi anni novanta, l’area in cui si sono maggiormente concentrate le attività delle imprese multinazionali. L’Italia però è rimasta sostanzialmente esclusa da questo processo, attirando una quantità di IDE decisamente bassa rispetto agli altri Paesi europei.

Secondo quanto emerge dall’EY Europe Attractiveness Survey 2023, infatti, sebbene il numero dei progetti d’investimento in Italia sia più che raddoppiato rispetto alla situazione pre-Covid - nel 2022 sono stati annunciati 243 progetti di investimenti diretti esteri (IDE) in Italia, con un incremento del 17% sul 2021 - si è mantenuta costante al 4% la quota di mercato dell’Italia sul totale degli IDE a livello europeo, una quota davvero esigua se paragonata a quelle di Francia e Germania che detengono rispettivamente il 21% e il 14%. 

In questo articolo parleremo di: 

  • ruolo degli IDE per la crescita dell'economia italiana;
  • perchè l'Italia attrae pochi IDE;
  • perchè incoraggiare gli investimenti esteri in Italia;
  • come attrarre più investimenti;
  • perchè investire in Italia

 

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L'Italia ha il potenziale per attrarre maggiori IDE e per diventare un Paese più competitivo a livello internazionale. Per centrare questo obiettivo è necessario attuare riforme strutturali, semplificare le procedure, investire in infrastrutture e capitale umano, valorizzare i settori promettenti e potenziare la ricerca e lo sviluppo. Un'implementazione efficace del PNRR può essere il motore di questa trasformazione e il punto di partenza per un futuro di crescita e prosperità.

Gli investimenti esteri nell’economia globalizzata rivestono un ruolo essenziale per la crescita economica ed occupazionale di un Paese, contribuendo allo sviluppo dell’innovazione nei processi industriali e nei servizi. Essi, inoltre, apportano un significativo beneficio in termini di incremento della produttività, del valore aggiunto e delle perfomance delle imprese. Un’economia moderna deve aprirsi ai capitali stranieri per essere parte delle “global value chains”: gli investimenti esteri apportano capitali preziosi anche a quelle imprese le cui ridotte dimensioni non consentono di essere competitive sui mercati internazionali e introducono metodologie di lavoro innovative, nonché maggiore familiarità con mercati lontani, altrimenti difficilmente penetrabili. Gli Investimenti Diretti Esteri (IDE), inoltre permettono al Paese destinatario di specializzarsi ulteriormente nei settori in cui ha un vantaggio competitivo e costituiscono quindi un’opportunità di industrializzazione e crescita economica, sia per il Paese investitore sia per quello destinatario (secondo una logica di win-win solution).

Negli ultimi due decenni l’economia mondiale è stata caratterizzata da una crescita molto sostenuta dei flussi degli Investimenti Diretti Esteri. In questo contesto, l’Unione Europea è diventata, a partire dai primi anni novanta, l’area in cui si sono maggiormente concentrate le attività delle imprese multinazionali. L’Italia però è rimasta sostanzialmente esclusa da questo processo, attirando una quantità di IDE decisamente bassa rispetto agli altri Paesi europei.

Secondo quanto emerge dall’EY Europe Attractiveness Survey 2023, infatti, sebbene il numero dei progetti d’investimento in Italia sia più che raddoppiato rispetto alla situazione pre-Covid - nel 2022 sono stati annunciati 243 progetti di investimenti diretti esteri (IDE) in Italia, con un incremento del 17% sul 2021 - si è mantenuta costante al 4% la quota di mercato dell’Italia sul totale degli IDE a livello europeo, una quota davvero esigua se paragonata a quelle di Francia e Germania che detengono rispettivamente il 21% e il 14%.

In considerazione del fatto che gli investimenti esteri possono rappresentare un importante strumento di sviluppo economico per i Paesi che li ospitano, è opportuno interrogarsi sulle cause di tale gap e sui possibili rimedi. Per la nostra economia, rispetto alla sua dimensione e rilevanza, la quota di investimenti diretti esteri, infatti, può e deve crescere ancora molto.

 

Perché l’Italia attrae pochi IDE?

A determinare questo differenziale concorrono una serie di debolezze strutturali per le quali occorrerebbero azioni di lungo periodo, ma anche alcuni fattori contingenti che rendono l’Italia una meta poco attrattiva per gli investitori esteri, ostacolando l'afflusso di IDE in entrata.

Tra i fattori propriamente strutturali si possono citare:

  • la carenza di infrastrutture: l'Italia soffre di una cronica mancanza di infrastrutture moderne ed efficienti, sia in termini di trasporti che di telecomunicazioni. Ciò rappresenta un ostacolo significativo per le imprese straniere che desiderano investire nel Paese, limitandone la competitività e la produttività;
  • la rigidità del mercato del lavoro: le normative italiane sul lavoro sono considerate tra le più rigide in Europa, limitando la flessibilità delle imprese e ostacolando l'assunzione e il licenziamento di lavoratori. Ciò può scoraggiare gli investitori stranieri che temono di dover affrontare costi elevati e ostacoli burocratici in caso di necessità di ristrutturazione;
  • la complessità del sistema fiscale: il sistema fiscale italiano è considerato complesso e oneroso per le imprese, con aliquote elevate e numerose tasse e contributi. Ciò può rappresentare un deterrente per gli investitori stranieri che confrontano l'Italia con altri Paesi con regimi fiscali più favorevoli.

Oltre alle problematiche strutturali, l'Italia deve affrontare anche una serie di sfide contingenti che ostacolano l'afflusso di IDE, tra cui:

  • l’inefficienza della burocrazia: la burocrazia italiana è spesso percepita come inefficiente e lenta, con procedure complesse e tempi di attesa lunghi. Ciò può scoraggiare gli investitori stranieri che si preoccupano di doversi scontrare con ostacoli burocratici e ritardi nell'ottenimento delle autorizzazioni necessarie per avviare un'attività;
  • l’instabilità politica: l'Italia ha una storia di instabilità politica, con frequenti cambi di governo e governi poco coesi. Ciò può creare incertezza per gli investitori stranieri che temono di dover affrontare repentini cambiamenti di politiche o normative;
  • corruzione: la corruzione rappresenta un problema diffuso in Italia, che può ostacolare l'attività delle imprese e scoraggiare gli investitori stranieri. La percezione di un alto livello di corruzione può danneggiare la reputazione del Paese e minare la fiducia degli investitori.

Perché incoraggiare gli investimenti esteri in Italia?

Gli investimenti esteri appaiono indispensabili in un sistema produttivo come quello italiano, in gran parte basato su piccole e medie imprese (PMI), quando i tradizionali canali di finanziamento (bancario e da fonti interne) si rivelano insufficienti. La maggior parte delle imprese italiane che hanno superato il lungo periodo di crisi economica vissuto nei recenti anni, vi è riuscita grazie alla capacità di innovare e di internazionalizzarsi, anche con una maggiore apertura agli investimenti esteri. Attrarre investimenti diretti, infatti, significa aumentare i flussi di capitali, accrescere la competitività, la qualità, l’innovazione del nostro sistema industriale caratterizzato da un’alta propensione all’innovazione tecnologica e da un know-how particolarmente avanzato, accrescendone i livelli occupazionali e gli investimenti in ricerca e sviluppo.

Le imprese estere si integrano nella filiera produttiva del Paese producendo un miglioramento sistematico delle filiere economiche e contribuiscono significativamente al sistema esportatore nazionale (flussi commerciali intra-gruppo) e più in generale all’internazionalizzazione commerciale delle nostre imprese.

Nella maggior parte dei casi, l’interesse degli investitori è di lasciare la produzione e soprattutto le fasi di ricerca e sviluppo in Italia, beneficiando della complementarietà tra la propensione all’innovazione e l’eccellenza tecnologica delle imprese italiane e la capacità operativa che i potenziali partner garantiscono. Inoltre, le imprese estere nell’ultimo decennio hanno prodotto una crescita consistente di domanda di brevetti, in particolare nel settore manifatturiero.

E i dati confermano tutto ciò: il rapporto “Le imprese estere in Italia e i nuovi paradigmi della competitività” realizzata dall’Osservatorio Imprese Estere di Confindustria / ABIE (Advisory Board Investitori Esteri) ha evidenziato infatti che le imprese estere in Italia sono mediamente più produttive (+34,7%), più profittevoli (+48,5%), remunerano di più i lavoratori (+30,1%), sono meno indebitate (-6,5%) e generano maggior valore aggiunto (+4,2%). 

Come attrarre più investimenti?

Per colmare il divario e attrarre più IDE, l'Italia dovrebbe:

  • investire in infrastrutture e capitale umano: migliorare strade, ferrovie, connessioni internet e formazione professionale;
  • sburocratizzare e semplificare le procedure: ridurre gli oneri amministrativi e facilitare l'insediamento delle imprese;
  • riformare il mercato del lavoro: aumentare la flessibilità e ridurre i costi per le imprese;
  • diminuire la pressione fiscale: rendere il sistema fiscale più competitivo a livello internazionale;
  • promuovere l'innovazione e la ricerca: incentivare le attività di ricerca e sviluppo e la diffusione di nuove tecnologie;
  • valorizzare le specificità regionali: sviluppare strategie di attrazione degli IDE mirate alle diverse aree del Paese.

Il PNRR potrebbe rappresentare un possibile strumento per colmare alcune delle debolezze del Paese e per migliorare l’attrattività del Sistema Italia. La destinazione delle risorse del PNRR è infatti del tutto coerente con il fabbisogno necessario per colmare il gap infrastrutturale, favorire la transizione digitale e quella ecologica. La tempestiva ed efficace implementazione del piano rappresenta un’occasione irrinunciabile per migliorare l'attrattività del Paese e, quindi, per dare un impulso al nostro sistema produttivo.

Perché investire in Italia?

Il nostro Paese, se da un lato soffre di storiche carenze, dall’altro presenta fattori di attrattività particolarmente importanti.

L’Italia, infatti, è la terza economia dell’Eurozona, con un mercato interno di circa 60 milioni di persone ed un PIL a prezzi correnti di 2.33 miliardi di dollari USD (FMI, aprile 2024). È una delle principali porte di accesso a un mercato di 500 milioni di consumatori dell’Unione Europea e 270 milioni di consumatori del Nord Africa e del Medio Oriente.

L’Italia è la settima economia manifatturiera al mondo la seconda più grande d’Europa (1.076 miliardi di euro di valore della produzione), oltre ad essere il quinto Paese al mondo per totale delle esportazioni, che nel 2023 hanno raggiunto i 626 miliardi di euro.

Inoltre è il primo Paese tra le economie del G20 per diversificazione industriale. È leader nel settore manifatturiero, agricolo e turistico ed ha uno dei più alti avanzi commerciali del mondo grazie alla sua specializzazione non solo nei settori tradizionali del “made in Italy” come la moda, l’agroalimentare, il vino, i mobili e le piastrelle di ceramica, ma anche in altri settori a medio-alta e alta tecnologia come l’ingegneria meccanica, la meccanica, la cantieristica navale, gli yacht a motore, l’aerospazio, le auto sportive e i prodotti farmaceutici.

Oltretutto, le piccole e medie imprese (PMI) italiane sono tra le più innovative d’Europa: la percentuale delle PMI che hanno introdotto innovazioni di prodotto e di processo, strategiche e organizzative, è superiore alla media dell’Unione europea.

L’Italia ospita numerosi centri di ricerca e sviluppo di eccellenza e oltre 150 distretti innovativi. Attualmente è la sesta nazione più prolifica al mondo come numero di pubblicazioni scientifiche in vari ambiti e sono  14 le università italiane classificate fra le 500 migliori al mondo. 

Un altro dato particolarmente interessante è che l’Italia è prima in Europa per l’indice di efficienza nell’impiego delle risorse (274 punti), indicatore che evidenzia la capacità di produrre beni riducendo l’impiego di materie prime, acqua, energia e l’intensità delle emissioni di GHG. Un dato superiore alla media UE (147 punti) e a quello di Germania (167), Francia (162) e Spagna (131) (dati Eco-innovation Index 2022).

Da sottolineare, inoltre, che l’Italia è il Paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti (83%, il doppio della media UE di 54%) (Fondazione Symbola, 2024) ed è il più grande operatore al mondo nelle rinnovabili, con 53.4 GW di capacità gestita nel 2021, oltre ad essere il secondo Paese produttore europeo, dopo la Germania, di tecnologie per le rinnovabili. Parte delle tecnologie e componentistica prodotta nei confini nazionali è destinata all’export: con il 3% dell’export mondiale, il nostro Paese è il sesto Paese esportatore di tecnologie per la produzione di energia rinnovabile (dopo Cina, Germania, USA, Giappone e Hong Kong).

Investire in Italia significa avere accesso ad un immenso patrimonio di conoscenze intellettuali e specialistiche uniche al mondo in tutti i campi ed uno straordinario know-how in settori strategici quali: macchinari, automazione, moda e design, fino all’alimentare e la cucina.

Dal 24 aprile 2024 è attiva la piattaforma del Ministero delle Imprese e del Made in Italy Invest in Italy” per accompagnare e supportare gli investitori esteri in tutti gli adempimenti e le pratiche utili alla realizzazione di investimenti produttivi in Italia.

Invertire la rotta è possibile. L'Italia ha il potenziale per attrarre maggiori IDE, a patto di attuare riforme strutturali e misure concrete che favoriscano un clima imprenditoriale favorevole e competitivo a livello internazionale. Valorizzare le specificità e promuovere l'innovazione saranno elementi chiave per il successo di questa sfida.


 

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