Officine ESG: essere "green" per competere nei mercati

Oltre ai rischi descritti nei capitoli precedenti, il cambiamento climatico e la conseguente transizione green stanno definendo anche nuove logiche competitive all’interno dei mercati internazionali, logiche che il sistema economico e le singole imprese dovranno essere in grado di interpretare e anticipare per non ritrovarsi in posizione arretrata rispetto ai propri competitor.

 

"Essere sostenibili" premia sui mercati

In primis, la transizione ecologica ma anche i recenti avvenimenti internazionali a livello geopolitico stanno mostrando sempre più l’importanza dei beni primari legati all’energia. Da un lato i combustibili, con U.S.A. e Russia che raggiungono quasi il 30% delle forniture mondiali di petrolio e oltre il 40% delle forniture di gas naturale, dall’altro le materie prime necessarie alla transizione, spesso scarse e localizzate in luoghi specifici del mondo. 

In questo contesto, le massime potenze globali cercano di salvaguardare il proprio posizionamento e le proprie catene del valore strategiche, tanto che le questioni energetiche e legate ai materiali hanno un ruolo rilevante negli scenari internazionali e nelle tensioni tra Stati Uniti, Unione Europea, Russia e Cina. L’invasione Russa dell’Ucraina ha mostrato come la dipendenza da singoli partner commerciali, anche se precedentemente considerati affidabili, possa infatti mettere a rischio l’intera economia. Allo stesso tempo, Stati Uniti e Cina stanno sviluppando un piano per raggiungere una propria autonomia nell’acquisizione di materiali critici per lo sviluppo di nuove tecnologie green, mentre l’’Unione Europea, che si è scoperta debole in un ambito strategico come quello energetico, ha risposto alla crisi tramite la predisposizione del piano REPower EU.

Inoltre, la differente priorità con cui i Paesi e le aree geografiche iscrivono la crisi climatica nelle proprie agende può creare situazioni di disparità, mettendo a rischio i mercati di coloro che più si sforzano per la transizione green e minando gli obiettivi stessi posti dalle regulation in ambito ambientale introdotte dai Paesi più virtuosi come l’UE.

In questo articolo vedremo due strumenti politici che ti faranno capire come la svolta green è ormai imprescindibile per la tua azienda.

Stiamo parlando di:

  1. REPowerEU Plan
  2. Carbon Border Adjustment Mechanism 
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Oltre ai rischi descritti nei capitoli precedenti, il cambiamento climatico e la conseguente transizione green stanno definendo anche nuove logiche competitive all’interno dei mercati internazionali, logiche che il sistema economico e le singole imprese dovranno essere in grado di interpretare e anticipare per non ritrovarsi in posizione arretrata rispetto ai propri competitor.

 

"Essere sostenibili" premia sui mercati

In primis, la transizione ecologica ma anche i recenti avvenimenti internazionali a livello geopolitico stanno mostrando sempre più l’importanza dei beni primari legati all’energia. Da un lato i combustibili, con U.S.A. e Russia che raggiungono quasi il 30% delle forniture mondiali di petrolio e oltre il 40% delle forniture di gas naturale, dall’altro le materie prime necessarie alla transizione, spesso scarse e localizzate in luoghi specifici del mondo. 

In questo contesto, le massime potenze globali cercano di salvaguardare il proprio posizionamento e le proprie catene del valore strategiche, tanto che le questioni energetiche e legate ai materiali hanno un ruolo rilevante negli scenari internazionali e nelle tensioni tra Stati Uniti, Unione Europea, Russia e Cina. L’invasione Russa dell’Ucraina ha mostrato come la dipendenza da singoli partner commerciali, anche se precedentemente considerati affidabili, possa infatti mettere a rischio l’intera economia. Allo stesso tempo, Stati Uniti e Cina stanno sviluppando un piano per raggiungere una propria autonomia nell’acquisizione di materiali critici per lo sviluppo di nuove tecnologie green, mentre l’’Unione Europea, che si è scoperta debole in un ambito strategico come quello energetico, ha risposto alla crisi tramite la predisposizione del piano REPower EU.

Inoltre, la differente priorità con cui i Paesi e le aree geografiche iscrivono la crisi climatica nelle proprie agende può creare situazioni di disparità, mettendo a rischio i mercati di coloro che più si sforzano per la transizione green e minando gli obiettivi stessi posti dalle regulation in ambito ambientale introdotte dai Paesi più virtuosi come l’UE.

In questo articolo vedremo due strumenti politici che ti faranno capire come la svolta green è ormai imprescindibile per la tua azienda.

Stiamo parlando di:

  1. REPowerEU Plan
  2. Carbon Border Adjustment Mechanism 

 


1) REPowerEU Plan

Il REPower EU Plan rappresenta la risposta presentata dalla Commissione Europea alla crisi energetica, scatenata dalla guerra in Ucraina. Il principale obiettivo di REPower EU consiste nel rendere indipendenti i Paesi dell’Unione Europea dalle fonti energetiche russe entro il 2030, accelerando inoltre la transizione green. Per raggiungere tale obiettivo, la Commissione ha focalizzato il piano sul risparmio di energia, sulla produzione di energia pulita e sulla diversificazione delle riserve energetiche. 

Il Piano è costituito da due principali tipi di misure: misure di breve termine e misure di medio termine. 

Le misure di breve termine

Sono rivolte principalmente alla differenziazione dell’acquisto di beni energetici e al risparmio in termini di consumi energetici. La Commissione ha sottolineato la necessità di diversificare i partner energetici, scegliendo Paesi stabili e affidabili e incentivando la costituzione di una intesa tra Paesi Europei per l’acquisizione di beni energetici. Sono stati quindi individuati dei partner privilegiati con cui gli Stati membri dovrebbero iniziare a stabilire rapporti commerciali più intensi in termini di approvvigionamento energetico, quali Azerbaijan e Algeria.

Il Piano ha promosso inoltre strategie di coordinamento e cooperazione per il risparmio di energia elettrica, un nodo cruciale poiché la differenziazione dei partner energetici e l’implementazione di energie rinnovabili richiedono un lasso di tempo maggiore per essere effettivi, mentre il risparmio permette di ridurre immediatamente l’impatto attraverso un uso consapevole dell’energia. Infine, la Commissione ha spinto i Paesi membri ad accelerare sui progetti riguardanti energie rinnovabili in essere o in divenire, con l’obiettivo di rendere più autonoma ed efficiente la filiera delle rinnovabili che ancora fatica ad emergere in alcuni Paesi europei.

Le misure di medio termine

Sono invece indirizzate verso una nuova legislazione per l’energia rinnovabile e verso ulteriori investimenti. Dal punto di vista regolamentare, la Commissione ha proposto di rivedere gli obiettivi previsti nel Green New Deal e dal Fit for 55 per accelerare la transizione e costruire una legislazione unitaria sui progetti innovativi sulle tecnologie verdi. Investimenti specifici sono stati programmati per quanto riguarda i materiali necessari alla transizione green, come ad esempio le terre rare, e per ciò che concerne la produzione di energia da rinnovabili, con una particolare attenzione nei confronti dell’idrogeno.

Con questo Piano, l’Unione Europea ha voluto quindi dare una risposta alla nuova realtà geopolitica, ma anche cercare un nuovo posizionamento strategico nel mercato dell'energia, accelerando drasticamente la transizione verso l'energia pulita e aumentando l'indipendenza energetica dell'Europa. Le imprese sono pertanto chiamate a stare al passo con questi cambiamenti, cercando per quanto possibile fonti di energia rinnovabili e sicure da un punto di vista dell’approvvigionamento. Il posizionamento strategico all’interno delle catene globali del valore dipenderà sempre più dalla capacità delle aziende di non dipendere in maniera eccessiva da materiali rari o che siano localizzati solamente in specifici territori, anche tramite l’introduzione di tecnologie alternative.

 


2) Carbon Border Adjustment Mechanism

I piani climatici europei sono sempre più ambiziosi e richiedono norme sempre più stringenti; in molti altri Stati, le prospettive di piani climatici sono ancora in una fase primaria e, conseguentemente, con procedure meno severe di quelle europee. Questa asimmetria tra le politiche dell’Unione Europea con il resto del mondo può provocare il fenomeno del cosiddetto “carbon leakage”, che si verifica quando le imprese europee, o con sede in Unione Europea, delocalizzano le proprie produzioni ad alto impatto carbonico fuori dall’Unione Europea, nello specifico in Paesi dove le restrizioni climatiche e ambientali sono meno stringenti. Lo stesso fenomeno si presenta quando un’impresa europea sostituisce i beni ad alto impatto climatico con beni importanti da altri Paesi aventi requisiti climatici meno severi. In particolare, si tratta di un rischio particolarmente elevato per i settori facenti parte del sistema ETS (energia elettrica, raffinerie di petrolio, acciaierie e produzione di ferro, metalli, alluminio, cemento, calce, vetro, ceramica, pasta di legno, carta, cartone, acidi e prodotti chimici organici), che sono tenuti a pagare un prezzo per le emissioni di gas serra che generano nell’ambiente. 

Il “Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) è il principale strumento ideato dall’UE per mantenere un prezzo equo per le emissioni di gas serra senza svantaggiare le imprese europee, al contempo favorendo lo sviluppo di regolamentazioni simili anche in Paesi non europei. Il meccanismo prevede che gli importatori di cemento, alluminio, fertilizzanti, energia elettrica, ferro o acciaio da produttori fuori UE siano tenuti a pagare un ammontare corrispondente al prezzo delle emissioni che sarebbe stato pagato se le merci fossero state prodotte in Europa (che, quindi, avrebbero pagato le quote ETS). Se il produttore non UE può dimostrare di aver già pagato un prezzo per le emissioni generate nella produzione delle merci in un Paese terzo, il costo corrispondente potrà essere completamente dedotto. È il caso di Paesi non UE che tuttavia hanno già introdotto una “carbon tax” o sistemi simili. 

Il CBAM si applicherà in maniera graduale ed entrerà in funzione dal 1° ottobre del 2023.

Tuttavia, fino al 2026 gli importatori di beni nell'ambito delle nuove regole dovranno solo presentare le emissioni di gas a effetto serra incorporate nelle loro importazioni, senza effettuare alcun pagamento. Il periodo transitorio è un periodo apprendimento per tutti gli stakeholder, che avranno l’opportunità di raccogliere informazioni sulle emissioni incorporate per affinare la metodologia. Una volta che il sistema permanente entrerà in vigore il 1° gennaio 2026, gli importatori dovranno dichiarare ogni anno la quantità di beni importati nell'UE nell'anno precedente e le loro emissioni incorporate, consegnando il numero corrispondente di certificati CBAM. Il prezzo dei certificati sarà calcolato in base al prezzo medio settimanale dell'asta degli ETS dell'UE espresso in €/tonnellata di CO2 equivalente emessa.

Assicurando il pagamento di un prezzo per le emissioni di gas serra incorporate nella produzione di determinati beni importati nell'UE, il CBAM garantirà che i prezzi delle importazioni siano equivalenti al prezzo della produzione domestica per lo stesso bene, consentendo alle imprese Europee di non essere svantaggiate rispetto ai beni prodotti fuori dell’Unione Europea, ed evitando che alcune di esse possano trasferire per questo motivo la produzione al di fuori dei territori UE. Un simile sistema potrebbe inoltre incentivare i Paesi non europei che esportano rilevanti quantità nei settori oggetto del CBAM a adottare simili regolamentazioni in termini di tassazione delle emissioni.

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