Strategie d’ingresso nei mercati esteri

Dopo aver selezionato il mercato target, lo step successivo per espandersi all’estero è l’identificazione del canale di entrata più idoneo.

Questa scelta è probabilmente la decisione strategica più complessa tra quelle che riguardano l'internazionalizzazione poiché la modalità con cui un'impresa sceglie di entrare sui mercati esteri influenza significativamente il suo grado di successo. Scegliere come entrare in un mercato rappresenta quindi una decisione importante, che richiede significative risorse e accurata pianificazione.

Usare la stessa modalità di entrata per tutti i mercati (il cosiddetto “approccio naïf”) è infatti l’opzione meno consigliata. Di contro, un approccio strategico che prende in considerazione, tipicamente, fattori esterni (che fanno riferimento alle caratteristiche del mercato target e del paese di origine) e fattori interni (che fanno riferimento alle caratteristiche dell'impresa, in termini di prodotti e risorse) si rivela invece la strada più opportuna da percorrere.

Le strategie di entrata nei mercati esteri ruotano intorno ad una serie di elementi chiave che caratterizzano l’impresa. Innanzitutto, la scelta della strategia da adottare dipenderà in larga misura dalla specificità del business dell’impresa stessa, nonché dalle caratteristiche del segmento di mercato nel quale opera. Ciò, inoltre, sarà strettamente connesso anche con alcuni fattori contingenti l’impresa, quali il livello di tecnologie e know-how posseduto, i vantaggi dimensionali capaci di acquisire e la natura del suo processo produttivo. Nella definizione della strategia di internazionalizzazione, l’impresa dovrà poi tener conto delle peculiarità dei suoi clienti attuali e di quelli potenziali, delle caratteristiche dei canali di distribuzione dei paesi nei quali intende internazionalizzarsi, nonché della sua capacità di coordinamento tra le varie attività produttive lungo l’area geografica oggetto della sua attività. Oltre agli elementi sopra descritti, possono essere oggetto dell’analisi di internazionalizzazione anche altri fattori, utili per tracciare le possibili strategie di entrata nei mercati esteri. Tra questi, quelli che l’impresa dovrà maggiormente considerare riguardano la scelta se implementare la strategia autonomamente o in collaborazione con terzi, il livello di coinvolgimento che vuole assumere e i costi che è in grado di sostenere. Ciò, a sua volta, sarà strettamente connesso con tutti quei fattori caratterizzanti l’azienda, quali la struttura economico-finanziaria, l’assetto organizzativo e tecnico, nonché quello dimensionale.

 

In questo articolo troverai i diversi modi in cui la tua azienda potrà fare ingresso in nuovi mercati esteri

 

 

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Dopo aver selezionato il mercato target, lo step successivo per espandersi all’estero è l’identificazione del canale di entrata più idoneo.

Questa scelta è probabilmente la decisione strategica più complessa tra quelle che riguardano l'internazionalizzazione poiché la modalità con cui un'impresa sceglie di entrare sui mercati esteri influenza significativamente il suo grado di successo. Scegliere come entrare in un mercato rappresenta quindi una decisione importante, che richiede significative risorse e accurata pianificazione.

Usare la stessa modalità di entrata per tutti i mercati (il cosiddetto “approccio naïf”) è infatti l’opzione meno consigliata. Di contro, un approccio strategico che prende in considerazione, tipicamente, fattori esterni (che fanno riferimento alle caratteristiche del mercato target e del paese di origine) e fattori interni (che fanno riferimento alle caratteristiche dell'impresa, in termini di prodotti e risorse) si rivela invece la strada più opportuna da percorrere.

Le strategie di entrata nei mercati esteri ruotano intorno ad una serie di elementi chiave che caratterizzano l’impresa. Innanzitutto, la scelta della strategia da adottare dipenderà in larga misura dalla specificità del business dell’impresa stessa, nonché dalle caratteristiche del segmento di mercato nel quale opera. Ciò, inoltre, sarà strettamente connesso anche con alcuni fattori contingenti l’impresa, quali il livello di tecnologie e know-how posseduto, i vantaggi dimensionali capaci di acquisire e la natura del suo processo produttivo. Nella definizione della strategia di internazionalizzazione, l’impresa dovrà poi tener conto delle peculiarità dei suoi clienti attuali e di quelli potenziali, delle caratteristiche dei canali di distribuzione dei paesi nei quali intende internazionalizzarsi, nonché della sua capacità di coordinamento tra le varie attività produttive lungo l’area geografica oggetto della sua attività. Oltre agli elementi sopra descritti, possono essere oggetto dell’analisi di internazionalizzazione anche altri fattori, utili per tracciare le possibili strategie di entrata nei mercati esteri. Tra questi, quelli che l’impresa dovrà maggiormente considerare riguardano la scelta se implementare la strategia autonomamente o in collaborazione con terzi, il livello di coinvolgimento che vuole assumere e i costi che è in grado di sostenere. Ciò, a sua volta, sarà strettamente connesso con tutti quei fattori caratterizzanti l’azienda, quali la struttura economico-finanziaria, l’assetto organizzativo e tecnico, nonché quello dimensionale.

Definire il canale di entrata costituisce infatti la congiunzione tra l’azienda e il mercato scelto e perciò ogni decisione al riguardo non può prescindere dalle caratteristiche dell’azienda stessa e dalle specificità del settore in cui opera.

Le modalità attraverso le quali un’impresa può fare il suo ingresso in un mercato estero sono differenti, ma, negli ultimi decenni, gli osservatori economici hanno ricostruito una tassonomia, oggi largamente condivisa, per classificare le varie tipologie di “entrata” nei mercati internazionali. Le diverse opzioni di entrata su un mercato possono essere mappate in funzione dei seguenti parametri tra loro in relazione: grado di controllo sul mercato estero e risorse necessarie per l’investimento. Al crescere del grado di controllo atteso, si presuppongono investimenti crescenti.

Passiamo brevemente in rassegna le principali modalità d’ingesso in un mercato estero analizzandone le caratteristiche, i pro ed i contro. 

ESPORTAZIONE INDIRETTA

Questa tipologia identifica la prima modalità, più semplice e facilmente esperita nelle prime fasi di ingresso nel mercato. Nell’esportazione indiretta l’imprenditore si avvale di controparti locali in grado di controllare il mercato in maniera indipendente dall’azienda esportatrice. In questa modalità rientrano le esportazioni attraverso buyer, importatori, distributori, trading company. L’azienda esportatrice non necessita di un monitoraggio diretto del mercato e della clientela che, di fatto, non conosce se non per il tramite dei soggetti ai quali vende i beni. Si tratta di una forma semplice e relativamente poco costosa, in termini di capitale investito e di impegno delle risorse umane aziendali. L’azienda, a fronte di una debole conoscenza del mercato, può contare su possibilità di market exit molto veloci e poco impattanti.

Le esportazioni indirette, quindi, rappresentano la forma meno impegnativa, ma allo stesso tempo più labile, tra tutte le altre strategie di internazionalizzazione. Infatti, il principale punto di debolezza è costituito dall’assenza di un rapporto diretto con il mercato di sbocco e con il consumatore finale, il che rende l’impresa esportatrice vulnerabile nei confronti del suo canale di distribuzione, nonché facilmente sostituibile da altre imprese disposte ad entrare nel mercato alle condizioni dettate dalla società di trading. Inoltre, la mancanza di contatto con il mercato nel quale opera, impedisce all’impresa di conoscere appieno le determinanti di quel mercato, impedendole in ultima analisi di percepire con anticipo le tendenze che caratterizzeranno in futuro il proprio segmento di mercato.

ESPORTAZIONE DIRETTA

Le esportazioni dirette si caratterizzano, rispetto a quelle indirette, per il maggiore livello di coinvolgimento richiesto, soprattutto in termini finanziari. In questa modalità, infatti, l’impresa esportatrice struttura l’entry mode attraverso una propria rete di vendita formata da personale aziendale o agenti monomandatari o plurimandatari.

Tuttavia, a fronte dei maggiori rischi di cui l’impresa deve farsi carico, l’esportazione diretta presenta notevoli vantaggi rispetto a quella indiretta. Innanzitutto, attraverso l’esportazione diretta, l’impresa è in grado di raggiungere un certo livello di flessibilità che le permette di operare sul mercato reagendo alle sue fluttuazioni. Inoltre, le esportazioni dirette permettono all’impresa di intrattenere un rapporto diretto con la propria clientela, e di conseguenza risulta più agevole per l’impresa comprendere ed, eventualmente, anticipare le tendenze dei consumatori, individuare quei segmenti di mercato nei quali allargare la propria attività, nonché aggiustare le proprie politiche commerciali secondo le tendenze del mercato. Inoltre le marginalità migliorano per effetto di una riduzione della catena distributiva.

Rientra in questa categoria di accesso al mercato anche l’e-commerce, che negli ultimi anni, soprattutto dopo la pandemia, si sta imponendo sempre più come canale privilegiato d’accesso ai mercati esteri. 

ACCORDI INTERAZIENDALI

Le forme di cooperazione con soggetti esteri, finalizzate a una presenza diretta e stabile nel Paese, costituiscono un modo talvolta necessario per le imprese per entrare nel mercato. Tali forme possono essere differentemente il Licensing, il Franchising e la Joint Venture.

Il Licensing è una forma adatta alle operazioni di trasferimento tecnologico, dove un’impresa concede contrattualmente a un’altra impresa il diritto di utilizzare una particolare tecnologia, brevetti, marchi, prodotti o processi produttivi.

Il Franchising è una forma di cooperazione, spesso appannaggio di società di grandi dimensioni, che consente di internazionalizzare un format o un modello di business.

La Joint Venture è una forma avanzata di cooperazione tra aziende che consente la condivisione di piani strategici e di politiche aziendali.

COSTITUZIONE DI PROPRIE FILIALI ALL’ESTERO

Tale è la strategia nella quale l’impresa che si internazionalizza costituisce una propria base produttiva/commerciale nei mercati nei quali intende espandersi. Nel caso di insediamento produttivo l’impresa può talvolta cogliere opportunità di finanziamento dalle strutture pubbliche del paese ospitante oppure ottenere maggior competitività sia da costi del lavoro più bassi sia da sistemi fiscali premianti. Nel caso di apertura di filiali commerciali (show room, flagship store, rete retail) l’impresa avrà modo di intrattenere rapporti diretti col mercato del consumo e stabilire una strategia diretta di promozione del proprio brand. In entrambi i casi, l’impresa adotta una forma di investimento diretto assumendosi maggiori rischi (start up, costi d’esercizio), ma potendo contare su diversi vantaggi derivanti, per esempio, dall’abbattimento dei costi legati alla logistica (trasporti, dogane) e all’approvvigionamento delle materie prime.

In questa forma un’impresa diventa parte attiva nei processi economici del paese ospite, sottoposta alle leggi locali e intimamente connessa col tessuto istituzionale e imprenditoriale locale. L’investimento diretto diventa un impegno importante per la finanza aziendale e il capitale di rischio aumenta notevolmente, insieme al rischio paese che diventa una variabile da non trascurare insieme alla necessaria adozione di strategie di uscita dal mercato.

La costituzione di proprie filiali all’estero può essere condotta attraverso la costituzione di una nuova impresa (greenfield), o mediante l’acquisizione di imprese già operanti sul mercato (brownfield). La differenza tra le due strategie risiede nelle risorse che l’impresa è in grado di investire nell’operazione. Infatti, nel caso di acquisizione, l’investimento finanziario necessario per portare a termine l’operazione sarà inevitabilmente maggiore rispetto alla costituzione ex novo. Tuttavia, il maggiore investimento finanziario può essere compensato in buona parte dalla semplificazione dei problemi che la costituzione ex novo di un’impresa all’estero comporta, quali, ad esempio, quelli legati all’organizzazione delle risorse umane, alla conoscenza del mercato e dei clienti.

Dal punto di vista degli obiettivi che tale strategia si prefigge di raggiungere, di norma la costituzione di filiali all’estero rappresenta la forma più stabile e completa di internazionalizzazione. Infatti, le imprese che decidono di presidiare direttamente i mercati esteri sono principalmente quelle imprese che si pongono obiettivi di medio-lungo termine. Inoltre, una tale strategia garantisce nel tempo il raggiungimento di una solida conoscenza dei mercati esteri, nonché lo sviluppo di un adeguato know-how che caratterizza l’intero processo di internazionalizzazione.

Le diverse forme di entrata nei mercati esteri disegnano forme organizzative differenti e con gradi diversi di complessità e, allo stesso tempo, rispondono in maniera strategica alle sollecitazioni proposte dal mercato con le innumerevoli variabili di cui esso dispone. Non esisterà dunque una forma in assoluto migliore delle altre, ma gradi diversi di entrata nel mercato, da valutare in ottica strategica a seconda degli obiettivi previsti e delle complessità del mercato stesso. Prima di compiere una scelta è dunque bene prendere in esame una serie di importanti variabili che riguardano i costi/benefici attesi nel breve e lungo periodo, il livello di controllo che si intende esercitare sulle attività commerciali svolte all’estero, il grado di reversibilità delle scelte effettuate e, naturalmente, le opportunità ed i rischi peculiari che caratterizzano il paese target prescelto.



 

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