Farmaceutico in Iran: opportunità e rischi in un mercato che si risveglia
Lo studio e la pratica della medicina in Iran hanno una storia antichissima. Furono proprio i persiani a creare il primo sistema ospedaliero e di recente i rimedi tradizionali della cultura iraniana sono stati rivalutati dalla medicina moderna. Oggi l’industria farmaceutica locale soffre le conseguenze delle sanzioni internazionali. Con la riapertura delle relazioni economiche, tuttavia, le opportunità del settore sono emerse con prepotenza, soprattutto a vantaggio di chi si muove prima, a patto però che sia consapevole dei rischi e che sappia come gestirli.
L’Iran beneficia di una popolazione ampia e in crescita e di un accesso ai servizi sanitari relativamente diffuso, anche nelle aree rurali. Tuttavia, le sanzioni internazionali (benché nessuna sanzione diretta sia stata imposta sul settore), la spesa pro-capite bassa, gli investimenti in R&S irrisori (<1% del fatturato totale) e il regime regolatorio, inclusa la tutela della proprietà intellettuale, il controllo stringente dei prezzi dei farmaci da parte del Governo e l’assenza di una solida normativa anti-riciclaggio, hanno rappresentato un ostacolo allo sviluppo del settore. In termini di popolazione e di consumo, la Germania, prima in Europa per produzione, può essere considerata un punto di riferimento per il mercato farmaceutico in Iran: a fronte di un numero pressoché uguale di abitanti (80,7 milioni la Germania e 79,1 milioni l’Iran), le vendite farmaceutiche tedesche (USD 60,3 miliardi nel 2015, pari all’1,80% del PIL) sono 31 volte quelle iraniane (USD 1,9 miliardi nel 2015, pari allo 0,44% del PIL). I margini per la crescita sono consistenti e ancora più plausibili se si allarga il bacino di domanda anche ai Paesi di esportazione limitrofi (Iraq, Afghanistan, Siria, Libano, Yemen e Paesi CIS) che arrivano a contare nel complesso circa 350 milioni di persone. Secondo le previsioni, che presentano però un grado non trascurabile di imprecisione vista la natura estremamente volatile della situazione in Iran, le vendite farmaceutiche potrebbero arrivare a USD 3,0 miliardi entro il 2020, che equivale a un tasso di crescita medio annuo dell’8,9%.
La capacità produttiva locale è impegnata soprattutto nella manifattura di medicinali di base e farmaci a basso costo e l’import di farmaci generici con un equivalente localmente prodotto non è generalmente consentito. In molti casi l’investimento diretto nel Paese con impianti propri o in partnership con operatori locali – che possono fornire facile accesso alle infrastrutture, alla distribuzione e agli stakeholder pubblici, e garantire la conformità della manifattura alle leggi islamiche – può essere più vantaggioso dell’export, a causa del bando o della pesante tassazione dei generici importati. Il mercato dipende fortemente dagli acquisti dall’estero per i trattamenti di fascia alta: reperire medicinali specifici, ad esempio per la cura del cancro, è diventato difficile al punto da favorire la proliferazione di un mercato nero con requisiti qualitativi non certificati. L’accesso al mercato è quindi più facile per chi produce farmaci innovativi ad alto valore aggiunto. La domanda di farmaci generici a basso costo resta comunque sostenuta, soprattutto nelle aree rurali: un’opportunità in particolare per le case farmaceutiche più grandi che possono beneficiare delle economie di scala.
Considerate la posizione geografica strategica e le prospettive socio-economiche nel complesso favorevoli, l’industria farmaceutica iraniana rappresenta oggi una faglia dormiente. Coloro che sapranno aggirare le barriere all’ingresso e fronteggiare i rischi strutturali e operativi, l’intricata regolamentazione e la competizione locale, avranno accesso ad un mercato vasto, dal potenziale ancora largamente inesplorato. Quanto sono pronte oggi le imprese italiane, tradizionalmente il partner europeo preferito di Teheran, ad entrare nelle farmacie iraniane prima degli altri?