Focus On: Egitto
Uno Stato sull’orlo del collasso?
Cresce l’opposizione politica e sociale nei confronti del presidente Morsi e del governo. Si intensificano infatti le manifestazioni e gli scontri in diverse città del paese, con un bilancio di decine di morti. In particolare, in occasione del secondo anniversario della rivoluzione, si è registrata un’escalation delle violenze nell’area del Canale di Suez. Le autorità hanno risposto reintroducendo lo stato di emergenze nei governatorati maggiormente interessati dai disordini (Ismailia, Port Said e Suez).
Il presidente ha lanciato un appello al dialogo nazionale nel tentativo di ridurre le tensioni. Le principale concessione annunciata da Morsi riguarda l’apertura ad un processo di revisione costituzionale. L’approvazione a dicembre della nuova costituzione, nonostante la ridotta partecipazione al referendum (circa il 30% degli aventi diritto al voto), ha causato infatti diffuse contestazioni e una polarizzazione delle forze politiche. L’opposizione ha tuttavia rifiutato l’invito al dialogo a fronte dei limitati margini di negoziazione concessi nel processo di revisione costituzionale e in assenza di una chiara agenda politica.
A due anni dalla caduta della del regime di Mubarak, il processo di transizione è ancora fragile e il rischio di nuovi disordini elevato. Il presidente Morsi è stato duramente criticato anche dai propri sostenitori: esponenti dei Fratelli Musulmani e delle forze di sicurezza hanno sottolineato i ritardi e i limitati risultati nella gestione delle violente proteste. La situazione non è ancora tornata sotto il pieno controllo delle autorità e si attendono nuove manifestazioni di massa nei prossimi giorni. Tale clima di insicurezza e d’instabilità potrebbe influire negativamente sulle elezioni parlamentari, attese ad aprile
Un quadro economico sempre più scuro
Da fine dicembre la situazione si è aggravata rapidamente a causa anche dei ritardi nei negoziati con il FMI e della crescente sfiducia nella capacità di implementazione delle riforme annunciate dalle autorità (necessarie a porre il deficit fiscale sotto controllo). In particolare, le pressioni sul cambio sono aumentate: la lira egiziana ha perso circa il 9% da inizio dicembre, dopo due anni in cui la Banca Centrale Egiziana (BC) ha cercato di mantenere stabile la valuta a detrimento delle riserve internazionali (Fig. 1). Conseguentemente, la già precaria situazione delle riserve internazionali si è deteriorata ulteriormente: nell’ultimo mese i livelli si sono mantenuti stabili (circa USD 15 miliardi a fine dicembre) soltanto grazie al supporto finanziario del Qatar.
Per contrastare il calo delle riserve, la BC ha introdotto un nuovo regime di aste per la compravendita di valuta estera e ha imposto controlli valutari (inclusi limiti ai prelievi giornalieri pari a USD 30.000 per le aziende). La difficoltà nel far fronte alla richiesta di valuta straniera emerge anche dalla progressiva riduzione del numero di aste settimanali e dal riemergere del mercato nero. L’introduzione di tali misure da parte delle autorità, sembra indicare che la BC non continuerà ad intervenire ad oltranza a supporto della valuta locale, ma cercherà di difendere un livello minimo di riserve, acconsentendo ad una moderata svalutazione della lira.
La percezione del rischio nei confronti dell’Egitto è aumentata negli ultimi mesi, come rileva l’aumento del costo della copertura contro il default del debito sovrano egiziano (Fig. 2). Tuttavia gli investitori stranieri, soprattutto quelli provenienti dal Golfo, continuano a guardare con interesse al paese in attesa che si stabilizzi la situazione. Negli ultimi mesi il settore bancario egiziano ha visto due importanti operazioni di acquisizione da parte di investitori arabi: National Société Générale Bank, acquisita dalla Qatar National Bank e BNP Paribas Egypt rilevata dalla Emirates National Bank of Dubai.
L’accordo con il FMI: così lontano, così vicino. Dopo la sospensione della richiesta per uno Stand-by arrangement a dicembre, le autorità egiziane e il Fondo sembrano nuovamente pronti a riprendere i negoziati. Le tempistiche restano tuttavia incerte, cosi come le eventuali condizionalità collegate all’erogazione degli aiuti (definizione di un programma economico condiviso, introduzione di misure volte a contenere il deficit fiscale). L’accordo con il FMI resta centrale sia per sbloccare gli aiuti di altri donors e banche di sviluppo (circa USD 14,5 miliardi), sia come messaggio di fiducia ai mercati e agli investitori stranieri.