Focus On 03 agosto 2012

Focus On: Indonesia

La protezione degli interessi nazionali attraverso la regolamentazione delle risorse naturali

Un’economia ad alto potenziale
Quarto Paese al mondo per popolazione (250 milioni di abitanti), sedicesima economia mondiale, gigante politico del sud-est asiatico e membro dell’ASEAN, dalla crisi asiatica del 1997 l'Indonesia ha attivato riforme che l'hanno resa una delle economie più promettenti dell’Asia.
L’economia è poco dipendente dalla congiuntura internazionale: il Paese può contare sulla solida domanda domestica e sull’export di risorse naturali. La crescita del PIL nel 2011 è stata pari al 6.5%, la più elevata degli ultimi 15 anni.
La positiva performance è stata riconosciuta da organismi internazionali e agenzie di rating: l’OCSE ha promosso il paese per due volte in tre anni (assegnandole categoria 3, al pari di India, Russia e Brasile) e Moody’s e Fitch l’hanno premiata con una valutazione investment grade (rispettivamente Baa3 e BBB-), per la prima volta dal 1998.
L’obiettivo del presidente Yudhoyono è di portare l’Indonesia ad essere la 10° economia mondiale, con un reddito pro-capite annuo di circa USD 15.000 entro il 20251. Il governo intende ottenere tale risultato sfruttando in maniera ottimale il patrimonio di risorse locali di cui il Paese dispone: risorse energetiche (gas naturale, petrolio, geotermia, carbone), minerarie (ferro, oro, rame, nickel, alluminio, stagno), risorse agricole e forestali (olio di palma e gomma naturale) e risorse ittiche (oltre 50.000 km di coste).
Allo stesso tempo vi è la necessità di trovare soluzioni sostenibili dal punto di vista socio/ambientale per la realizzazione di investimenti che possano avere un impatto negativo sull'assetto del territorio e sulle popolazioni locali (specie nel settore minerario).
Conciliare sviluppo e sostenibilità è la chiave per riuscire a raggiungere una crescita stabile, sostenuta dalla popolazione e meno dipendente dai capitali esteri.

Il peso delle risorse naturali
Le risorse naturali sono un fattore determinante per la crescita economica indonesiana, grazie al loro contributo sia in termini di export che di investimenti esteri. Le esportazioni di prodotti del settore minerario ed energetico nel 2011 sono cresciute del 34% rispetto al 2010 e sono pari a USD 66,5 miliardi, il 33% del totale dei beni esportati. Il carbone è la principale materia prima esportata e rappresenta il 13,4% del totale export per un valore di USD 27 miliardi. L’attività estrattiva (minerali e fonti energetiche) attrae il 22% del totale degli IDE, che nel 2011 hanno raggiunto il livello record di USD 19 miliardi.


La regolamentazione del settore minerario
Il governo ha iniziato un processo di riforma legislativa del settore minerario che secondo alcuni osservatori rappresenterebbe una forma strisciante di nazionalizzazione delle risorse naturali.
La Mining Law del 2009 ha sostituito la vecchia regolamentazione del settore approvata nel 1967. La riforma attribuisce maggiori poteri ai governi locali, pianifica specifiche aree geografiche destinate alle operazioni di esplorazione ed estrazione e introduce nuove tipologie di contratti di licenza. Alcune misure sono, tuttavia, ancora in fase di implementazione e l’applicazione delle leggi non risulta sempre chiara e puntuale.
Nel 2012 sono stati introdotti ulteriori provvedimenti legislativi orientati a una maggiore protezione degli interessi nazionali: i) aumento delle royalties, ii) riduzione dall’80% al 49% della massima partecipazione azionaria straniera in società minerarie, iii) imposizione di una tassa del 20% sull’export di minerali non lavorati2 e iv) introduzione di requisiti più stringenti per operare nel settore, che si concretizzano in adempimenti burocratici e nell’impegno formale a sviluppare un piano di lavorazione dei minerali estratti entro il 2014 (in linea con la volontà del governo di imporre un divieto all’export di prodotti minerali grezzi a partire dal 2014).
Le motivazioni che hanno spinto il governo a sviluppare le nuove policies sono diverse:
 Limitare le attività minerarie illegali: la mining law del 2009 ha delegato il rilascio di alcune tipologie di licenze ai governi locali, con l’obiettivo di accelerare il processo di concessione e garantire allo stesso tempo un maggiore controllo sulle attività di estrazione. La proliferazione di concessioni, però, ha contribuito a rendere difficoltoso il monitoraggio delle attività3.
 Evitare l’eccessivo sfruttamento delle risorse. La crescita della produzione non segue la domanda reale e crea, oltre a problemi di carattere ambientale, preoccupazione sia sulla tenuta dei prezzi di vendita che sul possibile esaurimento delle riserve. Sono state introdotte delle quote massime di estrazione, ma l’elevato numero di operatori rende difficili i controlli.
 Sviluppo di un’industria domestica di lavorazione dei minerali, come risposta alle tre principali criticità dell’economia indonesiana: basso valore aggiunto, bassa specializzazione del lavoro e carenza di infrastrutture. L’industria mineraria è capital intensive e la creazione di un comparto connesso alla lavorazione dei minerali può contribuire ad aumentare l’occupazione e a spostare le produzioni verso segmenti più alti della catena del valore.
 Aumento delle entrate fiscali. Le imposte sull’export rappresentano una porzione trascurabile del gettito fiscale (2,1% del totale nel 2011). La maggiore componente di ricavo per le casse dello Stato è connessa al settore oil&gas. Secondo le stime del Ministero delle Finanze, le nuove imposte potrebbero produrre un gettito fiscale addizionale di circa USD 1,4 miliardi, pari allo 0,2% del PIL.

 

Approccio pragmatico sul carbone
Il carbone, data la sua importanza, è stato temporaneamente escluso dall’applicazione della nuova imposta. Sebbene alcune delle motivazioni alla base dell’intervento governativo sulla regolamentazione del settore possono essere valide anche per il carbone (attività estrattiva illegale, eccessivo sfruttamento delle risorse), lo stesso non può dirsi per l’obiettivo di creare un’industria locale di lavorazione. Il carbone, infatti, è una risorsa energetica che non necessita di processi di lavorazione, per cui sembra più plausibile pensare che il tema riguardi l’approvvigionamento energetico domestico piuttosto che la produzione di beni a più elevato valore aggiunto: nel Paese il carbone è il principale combustile utilizzato per la produzione di elettricità, ma l’offerta di energia elettrica non è in grado di soddisfare la crescente domanda, poiché le società estrattive trovano più profittevole esportare il carbone4.
Export carbone indonesiano (indice di prezzo* e volumi esportati)

* L’export price index del carbone australiano può essere considerata una buona proxy dell’andamento del prezzo del carbone indonesiano, considerata l’elevata correlazione tra i due indici.

 

Prospettive future
Il tema della regolamentazione delle risorse naturali è influenzato anche dall’approssimarsi delle elezioni presidenziali e parlamentari, previste per il 2014, che spingono le forze politiche ad un maggiore interventismo economico.
L’assenza di una vera e propria road map regolamentare e la scarsa chiarezza sull’implementazione delle nuove misure legislative per il settore delle risorse naturali stanno tuttavia creando una maggiore avversione al rischio da parte degli investitori internazionali, confermata dalla riduzione dei flussi di capitali esteri in termini tendenziali nel primo trimestre 2012, pari a USD 4,5 miliardi in calo dell’8,3% rispetto al primo trimestre 20115.
Nonostante le intenzioni delle autorità (soprattutto a ridosso delle elezioni) siano di continuare nella direzione di una maggiore regolamentazione, vi sono alcuni fattori che suggeriscono prudenza al governo:
- L’Indonesia resta un Paese ancora dipendente dagli investimenti esteri anche per il potenziamento del settore minerario.
- Lo sviluppo di un’industria domestica per la trasformazione dei minerali è un processo complesso che richiede tempo e implica una corretta valutazione delle condizioni di mercato e un preciso piano di attuazione. Inoltre, l’elevato numero potenziale di aziende dedite alla lavorazione delle risorse estratte pone il rischio di una possibile sovrapproduzione6.
Per questi motivi c’è ragione di ritenere che l’effettiva applicazione del divieto di export di minerali grezzi, programmato per il 2014, possa essere posticipata, come peraltro già avvenuto in passato per altre misure di forte impatto economico. Non sono da escludere, invece, ulteriori passi in avanti sul fronte fiscale, come l’imposizione di nuove imposte o l’inasprimento di quelle attualmente in vigore.
 

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