Focus On: Ucraina
A cinque anni di distanza dal picco della crisi (nel 2009 il PIL ucraino è diminuito del 14%), il paese mantiene profonde criticità macroeconomiche e rimane vulnerabile a mutamenti della percezione del rischio da parte degli investitori esteri. L’adozione da parte del governo di misure di stabilizzazione nei prossimi mesi è essenziale ai fini della ripresa dei negoziati con il FMI per un accordo di supporto finanziario.
Economia ancora in difficoltà. L’Ucraina è in recessione dalla seconda metà del 2012 principalmente a causa del calo degli investimenti e delle esportazioni. Il calo degli investimenti pubblici è da ricondurre al tentativo da parte del governo di contenere il crescente deficit di bilancio, mentre la recessione e l’incertezza circa le prospettive del paese sono le principali cause della contrazione degli investimenti privati. Per il 2013 il FMI prevede una crescita non superiore all’1% in assenza di politiche correttive e di stimolo all’economia.
La flessione dell’export (- 4% nei primi sei mesi del 2013) è legata al calo della domanda dei principali mercati di destinazione: in particolare l’export verso i paesi dell’area CSI e dell’Asia (che assorbono rispettivamente il 35% e il 25% delle esportazioni ucraine, in particolare acciaio, prodotti chimici e agroalimentari) è diminuito di circa il 10% nella prima metà dell’anno corrente, dopo la performance stagnante del 2012.
I conti con l’estero sono una delle principali criticità del paese. L’export in calo e le crescenti importazioni di beni energetici dalla Russia (equivalenti al 25% delle importazioni totali del paese) contribuiscono sostanzialmente al deficit delle partite correnti, pari al 7% del PIL nel 2012. Il persistere della debolezza dell’export ucraino e il mancato raggiungimento di un accordo con la Russia per la riduzione dei prezzi di fornitura del gas sono gli elementi alla base delle previsioni di un ulteriore ampliamento del deficit corrente, previsto a -7,9% del PIL nel 2013.
In forte calo le riserve internazionali. Il deficit di parte corrente, a causa del mantenimento dell’ancoraggio della valuta al dollaro, ha progressivamente drenato le riserve di valuta forte della Banca Centrale. Le riserve internazionali nel 2012 erano pari a circa USD 24 mld, equivalenti a 2 mesi di importazioni, in calo del 20% rispetto al 2011. Nonostante alcune misure adottate dalla Banca Centrale per ridurre la fuoriuscita di valuta forte , il trend è proseguito durante la prima metà del 2013, periodo in cui le riserve sono state intaccate anche per il ripagamento di una parte del debito estero in scadenza. A fine giugno 2013 le riserve risultavano pari a USD 22,8 mld.
Le finanze pubbliche sono in difficoltà. Il paese registra un crescente deficit del bilancio pubblico (-4% nel 2012 e previsto -5% nel 2013), legato da un lato alla riduzione delle entrate fiscali a causa del rallentamento economico e dall’altro al progressivo aumento della spesa corrente (in particolare per salari pubblici e pensioni) e al pagamento dei sussidi al prezzo al consumo del gas (mediante trasferimenti all’azienda di stato Naftogaz, che nel 2012 ha registrato un deficit pari a circa il 2% del PIL).
La necessità del governo di finanziare la propria spesa determina livelli considerevoli di debito pubblico rispetto alle risorse del paese, pari a circa 35% del PIL nel 2012 e cresciuto di circa il 15% nell’ultimo quinquennio. Il governo mantiene un elevato ricorso all’indebitamento in valuta forte (nel 2012 circa la metà del debito pubblico risultava denominato in valuta estera) principalmente attraverso emissioni di Eurobond. Nella prima metà del 2013 il paese ha gestito una prima emissione di titoli per USD 1 miliardo a febbraio e una per USD 1,2 miliardi ad aprile entrambe con scadenza 10 anni.
La risposta dei mercati alle emissioni previste nella seconda metà dell’anno sarà essenziale per il rifinanziamento dei titoli di debito in scadenza nel 2013 (pari a circa USD 10 miliardi). Il ricorso a nuovo indebitamento è infatti lo strumento principale previsto dal governo per il ripagamento dei titoli oltre all’utilizzo delle riserve internazionali. Il ricorso ai mercati finanziari tuttavia espone il paese al rischio di un deterioramento dell’appetito verso i paesi emergenti da parte degli investitori.
La volatilità del tasso di cambio è un ulteriore elemento di rischio per il paese. Formalmente l’Ucraina ha un tasso di cambio free floating, tuttavia la banca centrale mantiene la valuta nazionale ancorata al dollaro ad un tasso di circa 8 UAH/USD. La difesa dell’ancoraggio al dollaro ha comportato un notevole costo per il paese in termini di riserve valutarie, difficilmente sostenibile anche nel breve termine. L’impatto di una svalutazione della Hrvnya sulla posizione con l’estero (il paese ha un deficit commerciale pari all’11% del PIL e un debito estero pari al 67% del PIL) sarebbe notevole, pertanto le autorità monetarie hanno finora ritardato un intervento correttivo in questo senso, che tuttavia potrebbe essere probabile nella seconda metà del 2013.
Le scelte di politica economica dei prossimi sei mesi saranno fondamentali, anche ai fini di una ripresa dei negoziati con il FMI. L’adozione di misure di stabilizzazione (in particolare la svalutazione della moneta, il contenimento della spesa corrente e la riduzione dell’indebitamento) è il principale argomento di dibattito con il FMI, con cui dal 2011 il paese ha sospeso la collaborazione proprio a causa della mancata adozione delle misure citate. L’impopolarità di tali misure è il principale deterrente per il presidente Yanukovich, in vista delle elezioni del 2015.