Sasso nello stagno 06 luglio 2023

Grecia: perché i segnali di recupero del Paese sono una buona notizia anche per l’Italia e le nostre imprese esportatrici

I segnali di recupero della Grecia sono una buona notizia anche per il nostro Paese e per le nostre imprese esportatrici. Anche se presenta ancora diverse criticità interne, le esportazioni italiane verso Atene dovrebbero crescere a un tasso medio annuo attorno al 2% dal 2023 al 2026, con dinamiche diversificate nei singoli settori, soprattutto grazie all’erogazione di circa €30 miliardi di fondi collegati a Greece2.0 (il piano nazionale di ripresa e resilienza greco che include 106 investimenti e 68 riforme).

I mercati finanziari sembrano premiare la stabilità politica guadagnata dal Paese e gli spunti programmatici condivisi dal premier Mitsotakis negli ultimi giorni.  Le elezioni di fine giugno hanno sancito, in maniera netta e decisa, il secondo mandato del premier uscente, nonché leader del partito conservatore Nuova Democrazia, con una reazione positiva dei mercati (il rendimento dei titoli greci è sceso ai minimi storici degli ultimi 20 anni). Tra gli obiettivi esplicitati dal nuovo governo, dopo l’uscita dal programma di sorveglianza rafforzata della Commissione europea l’anno scorso, c’è il recupero dell’investment grade da parte delle agenzie di rating (al momento il Paese è BB+) e il pagamento anticipato di una parte del debito (circa €5,3 miliardi verso i Paesi europei), oltre alla riforma della pubblica amministrazione e a interventi mirati a migliorare la sanità e l’educazione.

Il consolidamento di Atene appare ancora lontano, ma non mancano segnali di ripresa, specialmente grazie al sostegno europeo. Il Paese presenta ancora diverse criticità interne (crescita economica debole, elevato indebitamento, un sistema bancario sofferente), su cui pesano condizioni globali poco favorevoli (dall’aumento dei costi energetici alla volatilità dei flussi finanziari e commerciali). Tuttavia non mancano segnali positivi, legati soprattutto all’erogazione di circa €30 miliardi di fondi collegati a Greece 2.0 (il piano nazionale di ripresa e resilienza greco che include 106 investimenti e 68 riforme),  alla robusta ripresa del settore turistico (che rappresenta quasi un quinto del Pil e che entro fine 2023 dovrebbe tornare pressoché ai livelli pre-pandemia) e a una ripresa della domanda interna grazie anche al calo della disoccupazione. Le imprese italiane esportatrici potranno beneficiare della ripresa economica in corso e sfruttare il potenziale non ancora pienamente dispiegato del Paese quale partner commerciale: la buona performance dello scorso anno (€6,5 miliardi di beni italiani esportati, +14,2% rispetto al 2021) è confermata anche dai dati del primo trimestre di quest’anno (+18,3% tendenziale). A varcare i confini greci sono soprattutto macchinari e apparecchiature per l’industria, prodotti chimico-farmaceutici e beni alimentari, con una quota di mercato che nel tempo è andata rafforzandosi, al netto delle oscillazioni degli anni della pandemia.

Secondo le nostre previsioni, che per il Paese (e alla luce dei dati più recenti) potrebbero anche risultare conservative, le esportazioni italiane di beni in valore cresceranno a un tasso medio annuo attorno al 2% dal 2023 al 2026, con dinamiche diversificate nei singoli settori (Fig. 1). Gli ampi investimenti finalizzati principalmente alla transizione energetica e digitale previsti da Greece 2.0 in ambito infrastrutturale e non solo saranno il principale driver della domanda italiana di beni intermedi: quest’anno gomma e plastica (+2,9%), prodotti chimici (+2,7%) e metalli (+1,8%) cresceranno a un tasso superiore alla media dell’export italiano verso il Paese, con un’ulteriore spinta attesa negli anni successivi con la progressiva implementazione del piano europeo. La ripresa della domanda interna, grazie anche al calo dell’inflazione, si rifletterà anche sulle esportazioni italiane di beni di consumo – come emerge dalle previsioni positive per il 2023 per i settori di tessile e abbigliamento (+3,3%), di prodotti in legno (+3%) – e agroalimentare (2,2%). Più complesso l’andamento dell’export di beni di investimento (principalmente i macchinari, che pesano per circa il 12% dell’export italiano nel paese) che dopo un vero e proprio boom nel 2021 già dall’anno scorso scontano un fisiologico rallentamento, destinato a riprendere vigore verso il finire dell’orizzonte di previsione; a trainare le vendite italiane del comparto saranno in particolare i mezzi di trasporto (+3,1% e +4,1% rispettivamente quest’anno e il prossimo).

Figura 1 – Export di beni italiani in Grecia per raggruppamento (valori correnti; var. % annua)

Fonte: Elaborazioni SACE su dati Oxford Economics

Il legame che unisce il nostro Paese a quello ellenico non è solo di prossimità geografica e di affinità culturale: se l’Italia è infatti il terzo fornitore di Atene, con una quota di mercato del 7,6%, dietro solamente alla Germania, Roma rappresenta al contempo il primo mercato di destinazione delle merci greche. E dunque, pur con la cautela suggerita dai dati di previsione, le imprese italiane potranno cogliere le opportunità in questo mercato dove la prosecuzione di una strategia mirata al consolidamento economico e alla transizione energetica potrà contare anche sul supporto finanziario della Ue attraverso il piano di rilancio. In questo contesto macroeconomico è quanto mai opportuno considerare anche uno scenario migliorativo di più rapida disinflazione: in questo caso l’export italiano verso Atene crescerebbe quest’anno di 1,1 p.p. in più e di 1,2 p.p. nel 2024 rispetto al baseline (a +2,8% e +2%).


 

 

 

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