Guyana: non è tutto oro (nero) quel che luccica
In Sudamerica c’è una geografia che, nel terribile biennio pandemico, ha fatto registrare una crescita del Pil da record (+43,5% 2020 vs 2019; +20,4% 2021 vs 2020): si tratta della Guyana, piccolo Paese nella parte nord orientale del subcontinente stretto tra Venezuela e Suriname. Indipendente dal 1966, dal 1970 è una Repubblica parlamentare nell’ambito del Commonwealth. Popolata per lo più da discendenti di schiavi africani e asiatici, la Guyana è caratterizzata da forti tensioni etniche che si ripercuotono sulla scena politica. L’ultima crisi è durata ben 21 mesi, fino ad agosto 2020.
Da Paese storicamente tra i più poveri di tutta l’area, la Guyana potrebbe diventare entro la fine del decennio uno dei più ricchi di tutto l’Emisfero occidentale grazie alle ingenti scoperte di greggio offshore, pari almeno a 10 miliardi di barili equivalenti e localizzate a circa 200 km dalla costa in un bacino che comprende Guyana e Suriname. Inoltre, la qualità di tale greggio, leggero e a basso contenuto di zolfo, lo rende adatto a intercettare la domanda asiatica, ancora in crescita nei prossimi anni. Dopo decenni di infruttuose ricerche, dal 2015 Exxon Mobil e altre grandi major petrolifere hanno annunciato una serie di scoperte e lavorato per lo sfruttamento commerciale dei giacimenti, iniziato nel 2019. Secondo IHS Markit entro il 2027 la Guyana entrerà nel ristretto club dei produttori da oltre 1 mln b/g, diventando lo Stato al mondo con la più elevata produzione pro capite. La composizione del suo Pil (Fig.1) è già mutata nettamente.
Figura 1 – Composizione del Pil nominale per settore: confronto tra 1° semestre 2019 (sx) e 1° semestre 2021 (dx)
Fonte: Elaborazioni SACE su dati Ministero delle Finanze della Guyana, ultimo aggiornamento al 1° semestre 2021
L’ingente afflusso di risorse derivanti dalla rapida crescita degli ultimi due anni è stato allocato in buona parte al fondo sovrano (Natural Resource Fund, NRF), il cui ammontare a fine 2021 era pari a oltre 600 mln USD (8% del Pil). Poiché la storia è piena di geografie afflitte dalla “maledizione delle risorse”, il problema per la Guyana è gestirle con trasparenza ed efficacia. Il parlamento guyanese ha approvato a dicembre 2021 una nuova regolamentazione del NRF che limita gli utilizzi annuali a una percentuale dell’ammontare alla fine dell’anno precedente. Il 2022 fa però eccezione e l’intero stock del NRF sarà utilizzato per finanziare investimenti pubblici, pari all’80% del budget (2,5 mld USD, quasi un terzo del Pil).
I rilevanti investimenti sono volti, in primis, al miglioramento delle infrastrutture del Paese, nonché delle strutture sanitarie ed educative, senza tralasciare le energie rinnovabili, per procedere a una prima diversificazione economica e creare, nel corso di alcuni anni, un settore manifatturiero in grado di rendere strutturalmente più forte l’economia del Paese. Per farlo potrebbe essere d’aiuto il Brasile, interessato alla creazione di un corridoio energetico con Guyana e Suriname per favorire lo sviluppo del nord del Paese, parte storicamente più povera. Non mancheranno quindi nei prossimi anni alcune occasioni dal rapido sviluppo della Guyana: il nostro export, pur limitato (50 mln EUR nel 2021 da meno di 10 nel 2019), appare ben posizionato in quanto focalizzato su meccanica, mezzi di trasporto e metalli da costruzione, però adelante con juicio.