L’export italiano di servizi rincorre la ripresa, nella corsa a ostacoli dei ritardi strutturali
Nel contesto internazionale le nostre esportazioni di servizi nel 2020 hanno rappresentato il 2,3% (2,8% nel 2019) dell’export complessivo del settore dei Paesi Ocse, dietro ai principali peer europei. L’export di servizi italiano, infatti, è significativamente inferiore a quello di Germania e Francia (Fig. 1). Inoltre, in questi due Paesi la diminuzione del valore dei servizi esportati è stata più contenuta (fra il 12% e il 18%) rispetto all’Italia (-29%). Tale differenza è imputabile, in parte, al grado di diversificazione settoriale delle esportazioni dei Paesi: nonostante per tutti e tre le maggiori componenti siano turismo, altri servizi alle imprese e trasporti, per l’Italia prima della pandemia questi pesavano per oltre il 75% (70% per la Francia, 60% per la Germania).
La componente altri servizi alle imprese – che comprende tutte le tipologie di servizi ad alta tecnologia come quelli tecnici, connessi al commercio e altri servizi, quelli di consulenza manageriale e di ricerca e sviluppo – per sua natura ha risentito meno della crisi pandemica. Mentre per Germania e Francia questa è da anni la prima voce dell’export di servizi, in Italia ha guadagnato la prima posizione solo lo scorso anno superando il turismo, ma rimanendo comunque su livelli contenuti a causa di fattori quali: una scarsa presenza di imprese medio-grandi, un basso grado di internazionalizzazione e una debole crescita di produttività delle imprese italiane di servizi, inferiore a quella delle aziende manifatturiere. Il turismo internazionale, al contrario, è stato severamente colpito nei tre Paesi dal blocco agli spostamenti, che ha interessato soprattutto i flussi provenienti dall’area extra europea per via delle limitazioni imposte in ingresso. Anche i trasporti, specie italiani e tedeschi, hanno risentito dello stop alle attività produttive e dei successivi colli di bottiglia di carattere temporaneo sorti sul lato dell’offerta; in Francia invece il comparto è stato in grado di contenere le perdite, essendosi contratto “solo” del 10%, così come quello della manutenzione e riparazione, che si è ridotto in misura moderata. Allo stesso modo, in Germania alcune voci, come i compensi per l’utilizzo della proprietà intellettuale e i servizi informatici, di informazione e telecomunicazione, hanno mitigato, se non contrastato, la caduta dell’export
Figura 1 – Composizione dell’export di servizi in valore di Italia, Germania e Francia (valori in € mld; peso %)
Nota: nella categoria “Altro” sono stati inclusi: lavorazione per conto terzi; manutenzione e riparazione; costruzioni; servizi assicurativi e pensionistici; compensi per l’utilizzo della proprietà intellettuale; servizi personali, culturali e ricreativi; beni e servizi delle amministrazioni pubbliche; servizi commerciali e servizi non assegnati. Fonte: elaborazioni SACE su dati Eurostat
Nonostante in tutti e tre i Paesi il 2021 non si prefiguri come un anno di recupero completo, in Italia la performance dell’export di servizi nei primi nove mesi segna un +7,6% rispetto allo stesso periodo del 2020, mentre in Germania e Francia la crescita è maggiore (+8,6% e 11,8%). La vera e propria ripresa per l’export di servizi italiani avverrà solo il prossimo anno quando torneranno allo stesso livello del 2019, grazie a un incremento del 35,1%, per poi proseguire nel biennio successivo a un ritmo del 5,0%, in media, toccando i 120 miliardi di euro nel 2024 (livello che secondo le ultime previsioni pre-pandemia sarebbe stato raggiunto già nel 2022).