Le insolvenze torneranno fisiologicamente a crescere in Italia
Rispetto alle prospettive di inizio anno, il quadro macroeconomico internazionale si è deteriorato rapidamente a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina, sfociata in un conflitto la cui evoluzione appare ancora incerta. Il principale canale di trasmissione verso l’Italia è rappresentato dall’approvvigionamento energetico nonché dal peggioramento del clima di fiducia di consumatori e imprese. Inoltre, le elevate e persistenti pressioni inflazionistiche, in buona parte imputabili alle quotazioni delle materie prime, hanno spinto la Banca centrale europea ad accelerare la normalizzazione della politica monetaria, innalzando i tassi di interesse di riferimento a partire da luglio e contribuendo quindi a un restringimento delle condizioni finanziarie (su cui incidono anche i maggiori premi per il rischio).
Il Pil italiano è, tuttavia, stimato in crescita del 3,8% nel 2022 (“solo” 0,6 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni iniziali), grazie alla capacità di resilienza dell’industria manifatturiera e alla buona performance delle costruzioni, in un contesto fiscale di sostegno alla crisi energetica e avanzamento del PNRR. Non sorprende quindi che quest’anno i fallimenti delle imprese italiane abbiano mostrato una dinamica negativa (-19,2% tendenziale nei primi 9 mesi del 2022, secondo i dati rilevati da Istat), in maniera analoga, ma con minore intensità, a quanto osservato durante la crisi pandemica del 2020 (dove i potenziali effetti della recessione economica furono largamente compensati dalle straordinarie misure normative e fiscali).
Per le previsioni del 2023, abbiamo analizzato l’andamento corrente e atteso di cinque variabili statisticamente significative, secondo uno studio della Banca d’Italia, nello spiegare il tasso di deterioramento dei prestiti bancari (che, essendo un indicatore di qualità del credito, può essere considerato una proxy della probabilità di default delle aziende). Oltre al Pil, che ha un effetto immediato e (in condizioni “normali”) di segno inverso, l’analisi considera anche, con effetti ritardati variabili, i tassi di interesse sui nuovi prestiti e il tasso di variazione dei prestiti alle imprese, la leva finanziaria e il tasso di disoccupazione.
Fonte: Elaborazioni SACE su dati Banca d'Italia e Cerved.
In un contesto caratterizzato da recupero della redditività, elevata liquidità e leverage contenuto, nonché da buone condizioni del mercato del lavoro, le principali variabili che potrebbero influire sulla dinamica dei fallimenti il prossimo anno sono il tasso di crescita del Pil e le condizioni di finanziamento. Secondo il consensus, nel 2023 l’economia italiana risulterà pressoché stagnante mentre le misure governative di supporto dovrebbero essere gradualmente ridotte, soprattutto dal secondo semestre in concomitanza con l’allentamento atteso delle pressioni sui prezzi dell’energia. In uno scenario di indebolimento macroeconomico, l’aumento dei tassi di interesse inizierà a produrre effetti restrittivi e al contempo la crescita dei prestiti bancari dovrebbe rallentare (se non addirittura contrarsi), con potenziali ripercussioni sulla capacità di rimborso delle imprese.
Alla luce di queste informazioni e in linea con gli scenari di Banca d’Italia che indicano un graduale aumento del tasso di deterioramento del credito nel 2023, si prevede un profilo di crescita del numero delle insolvenze nel corso del prossimo anno. Con un incremento atteso in media attorno al 30%, il numero di fallimenti delle imprese italiane supererà le 10.000 unità per la prima volta nell’ultimo triennio, avvicinandosi – seppur lentamente – al livello considerato “fisiologico” del 2019 (intorno a 11.000). Una parte non trascurabile di questo incremento atteso riflette, tra l’altro, le insolvenze previste per le cosiddette imprese “zombie”, ossia quelle imprese che sarebbero comunque fallite ma che sono state “tenute in vita” dalle misure di sostegno. Al netto di questa considerazione, la crescita dei fallimenti nel 2023 risulterebbe ancora relativamente contenuta nel confronto storico.
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