Obiettivo India: una guida per le imprese italiane
L’Italia nell’India post-Covid
Per contrastare la crisi, il governo di Delhi ha annunciato a metà maggio 2020 un pacchetto di misure di sostegno all’economia dal valore del 10% del PIL. Questo dato include, in verità, interventi già perfezionati nei mesi di marzo e aprile e le politiche di stimolo della Reserve Bank of India (RBI), come le iniezioni di liquidità a supporto del settore bancario pari al 3,1% del PIL (la RBI è anche intervenuta con tagli dei tassi di interesse e concedendo una moratoria sui debiti contratti dalle imprese indiane). Lo stimolo fiscale diretto, in parte condizionato dall’elevato debito pubblico indiano, è stato invece stimato a circa il 2% del PIL, caratterizzandosi principalmente per misure di sostegno alle fasce più povere e meno protette della popolazione. Nel frattempo, diversi Stati sotto il controllo del Partito del Popolo (BJP) del Premier Modi hanno spinto l’acceleratore su alcune riforme strutturali che hanno tradizionalmente incontrato una forte resistenza politica da parte delle opposizioni, come quelle volte a rendere più flessibile il mercato del lavoro e a facilitare l’acquisto dei terreni agricoli da parte del sistema industriale. Anche se non dirette a sostenere la domanda nel breve termine, queste misure, se implementate in maniera duratura ed estese a livello nazionale, potrebbero rappresentare un importante volano per la crescita di lungo periodo dell’India.
In termini macroeconomici, queste iniziative si inseriscono in un inizio di 2020 in cui il PIL indiano, dopo avere registrato una timida crescita del 3,1% su base annua nel primo trimestre, ha subito una contrazione pari al 23,9% nel secondo, per un risultato sui 12 mesi stimato a -5,8%.
Così come l’intero prodotto interno lordo indiano, anche gli scambi commerciali tra Delhi e i suoi partner stanno registrando una contrazione, con una riduzione delle importazioni indiane nei primi due trimestri del 2020 che ha raggiunto, rispettivamente, il 14,3% e il 45,8% su base annua e che è destinata a perdurare per tutto il 2020, con un calo degli acquisti di beni dall’estero previsto in diminuzione del 23,9% rispetto al 2019.
La riduzione della domanda indiana non risparmierà le aziende italiane esportatrici che nel 2019 avevano esportato verso l’India beni per 4 miliardi, concentrati prevalentemente nei settori della Meccanica strumentale (per un valore pari a oltre il 40% del nostro export verso il Paese asiatico), della Chimica e dei Prodotti del metallo (che insieme valgono un ulteriore 25%). Nel periodo compreso tra gennaio e giugno 2020, l’export italiano di beni nel Paese è sceso del 33,8% rispetto all’anno precedente, mentre le previsioni per i 12 mesi indicano una contrazione complessiva del 15,4%.
A fronte di questi dati, la capacità delle nostre imprese di posizionarsi nell’india Post-Covid dipenderà essenzialmente da due elementi. Il primo sarà la capacità di resistere alla crisi in corso, che non impatterà tutti i settori con la stessa violenza. Le previsioni per il nostro export nel Paese nel 2020 indicano infatti un crollo più marcato nei settori Gomma e plastica (-24,8%), Prodotti in metallo (-30,9%) e Meccanica strumentale (-14,8%). Il secondo elemento sarà la capacità di riposizionarsi nel mercato indiano una volta che la domanda di beni verso l’estero tornerà a crescere. Infatti, dopo la contrazione del 2020 si prevede un 2021 più vivace, con le esportazioni italiane previste in aumento dell’11,8%, trainate, in special modo, dall’andamento positivo dei settori Chimica (+15,1%), Gomma e plastica (+20,5%), Prodotti in metallo (+19,9%) e, in misura minore, Meccanica strumentale (+8,6%).