Tra multilateralismo e vaccine diplomacy, le cicatrici pandemiche dell’Africa subsahariana
La ripresa economica subsahariana verosimilmente sarà ancora un processo di start e stop e l’unico concreto strumento contro nuove ondate resteranno le misure di contenimento localizzate finora adottate. I dati mostrano, infatti, come l’efficacia delle misure di contenimento nell’area sia relativamente bassa: a fronte di misure di contenimento della pandemia paragonabili a quelle delle altre aree nella prima ondata, la mobilità della popolazione subsahariana è diminuita del 35% rispetto ai livelli pre-crisi − una contrazione più lieve non solo rispetto alle economie avanzate (-54%), ma anche alle altre aree emergenti (tra -40% in Asia-Pacifico e -63% in America Latina) (Fig.1). Tale ipotesi è inoltre confermata da un’altra evidenza: un incremento di un punto dello Stringency Index (e.g. un inasprimento delle misure) ha determinato nella regione un calo della mobilità della popolazione sia relativamente contenuto (-0,12% dopo una-due settimane vs -0,43% dei paesi sviluppati e -0,2%/-0,3% delle altre regioni) che di minore durata, riassorbendosi in quattro settimane (nei paesi sviluppati l’effetto è significativo fino a undici settimane dopo l’introduzione delle misure) (Fig.2).
Con 32 milioni di persone in povertà estrema e un tasso di disoccupazione cresciuto dell’8,5% nel 2020, le rivendicazioni sociali in Africa subsahariana rischiano di far vacillare le fragili istituzioni democratiche, esacerbando in gran parte della regione le preesistenti tensioni. La capacità da parte delle economie sviluppate di andare oltre le logiche della diplomazia vaccinale, supportando gli sforzi di una regione in cui le cicatrici economiche e sociali rischiano di essere particolarmente profonde, giocherà un ruolo decisivo per dar forma al mondo nell’era post-pandemica.