Update Espresso: 30 giugno 2017
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PAESI
EGITTO: un’amicizia che vale due isole
Il Presidente Al Sisi ha ratificato il trasferimento delle isole Tiran e Sanafir all'Arabia Saudita. L’accordo di trasferimento era stato siglato già lo scorso anno e aveva causato proteste popolari in Egitto. Il Consiglio di stato egiziano aveva poi bocciato la decisione. Un nuovo provvedimento del parlamento ha però riconfermato la cessione delle isole. L’accordo resta in attesa del giudizio della Corte costituzionale il prossimo 30 luglio.
Il ritardo nella cessione aveva causato frizioni nei rapporti diplomatici tra Egitto e Arabia Saudita e, secondo alcune analisi, comportato un rallentamento negli aiuti da Riyadh all’Egitto. La decisione di procedere nonostante la contrarietà dell’opinione pubblica egiziana sembra rimarcare il legame diplomatico tra le due nazioni. Nell’area marittima delle isole cedute potrebbero essere presenti giacimenti di idrocarburi. L’accordo prevede una condivisione di eventuali risorse. Il Ministro del petrolio egiziano ha annunciato che alla cessione delle isole faranno seguito nuove ricerche di giacimenti nell’area.
THAILANDIA: aumenta l’ingerenza dei militari
Il 22 giugno la National Legislative Assembly ha approvato il National Strategy Act che istituisce un comitato che affiancherà per i prossimi venti anni Parlamento e Governo nelle decisioni strategiche riguardanti la politica e l’economica del Paese. Del comitato, che ha anche il potere di impedire al Governo di implementare le misure pianificate precedentemente, fanno parte il Primo Ministro, rappresentanti dell’industria locale e i comandanti delle tre forze armate.
Cresce ancora il potere dei militari, che guidano il Paese dal golpe del maggio 2014, il cui controllo delle istituzioni continuerà anche dopo le elezioni politiche, previste per il 2018. Questo potrebbe portare a tensioni sociali, già recentemente riemerse, come testimoniano l’attacco dinamitardo del mese scorso ad un ospedale dell’esercito e al teatro nazionale di Bangkok.
CAMERUN: approvato l’accordo FMI
Dopo un lungo periodo di negoziati con le autorità camerunensi, il Fondo Monetario Internazionale ha approvato un programma triennale di sostegno finanziario, per un valore complessivo di USD 666,2 milioni. Di questi, circa USD 171 milioni saranno resi immediatamente disponibili per il Paese, mentre la restante parte sarà erogata in tranche contestualmente alle review del programma effettuate su base semestrale.
L’accordo Extended Credit Facility è incentrato sul ripristino della sostenibilità fiscale e dei conti con l’estero. Negli ultimi due anni l’economia del Camerun è stata infatti duramente indebolita dal duplice shock del calo dei prezzi del greggio e del peggiorato contesto di sicurezza nella regione. Dopo una iniziale capacità di assorbire questi contraccolpi grazie alla maggiore diversificazione economica, il Camerun ha registrato le medesime criticità viste di recente in altri Paesi dell’Africa centro-occidentale: rallentamento della crescita, indebolimento della posizione fiscale e delle riserve valutarie e rapido aumento del debito pubblico.
UNGHERIA: riprendono gli investimenti
Tra gennaio e marzo il Paese ha registrato una crescita degli investimenti del 34,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, ponendo fine al trend negativo del 2016 (-20%). Gli investimenti sono cresciuti in quasi tutti i settori, specialmente in quello agricolo (+46%) e nelle costruzioni (+49,4%). Secondo una prima analisi l’Ungheria ha attratto Investimenti Diretti Esteri da Stati Uniti, Germania e Svizzera nel settore automobilistico e aeronautico.
Uno dei risultati è stato quello di sostenere la crescita del PIL (aumentato di circa il 4% nel primo trimestre), in linea con l’andamento delle altre economie della regione. Nel primo trimestre nessun membro dell’Unione europea ha registrato una contrazione rispetto ai primi tre mesi del 2016: l’incremento maggiore è stato osservato in Romania (+5,6%), mentre il minore in Grecia (+0,4%).
SETTORI
DEBITO: quanto pesa sulle imprese?
L’indebitamento ha raggiunto nel primo trimestre 2017 il nuovo record di USD 217 mila miliardi, più del 327% del PIL mondiale. L’aumento continua a riguardare in particolare le economie emergenti (3 mila miliardi in più rispetto al primo trimestre 2016) che rappresentano un quarto del totale, pari a 56 mila miliardi. Crescono le emissioni di bond in valuta forte (70% in dollari). Il rischio di rollover per queste economie, ossia la difficoltà a estinguere i debiti alla scadenza, è elevato: quasi USD 2 mila miliardi di bond e finanziamenti multilaterali contratti dagli emergenti scadranno nei prossimi 18 mesi. I debiti delle società non-finanziarie situate nei Paesi avanzati rappresentano in media l’89,7% del PIL (5 punti percentuali in più rispetto a fine 2007). Nei Paesi emergenti la percentuale del debito corporate è pari al 71,7% del PIL, con un picco in Cina (167%) e in Cile (105%) e valori più contenuti in India (48%) e in America Latina (Messico 28%, Brasile 42%, Colombia 46%). Sempre in America Latina spicca la quota di bond in valuta locale posseduta da operatori internazionali come segnale di fiducia: 35% per i bonos del Messico e 45% per quelli del Perù.
I NUMERI DELLA SETTIMANA:
325% debito globale in quota del PIL, pari a più di USD 215 trilioni
>2x aumento del debito in valuta estera dei mercati emergenti nell’ultimo decennio
USD 1,1 trilione debito dei Paesi emergenti in scadenza nel 2017