Update Espresso: 8 giugno 2018
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PAESI
GIORDANIA: Si dimette Primo Ministro
Il Primo Ministro giordano Hani Mulki si è dimesso in seguito alla più forte ondata di proteste che ha colpito il Paese dalla Primavera Araba. Le manifestazioni, durate giorni, hanno seguito l’aumento delle tasse e dei prezzi di carburante ed elettricità (questi ultimi hanno, però, avuto breve durata). Fonti vicine al governo indicano che il Re Abdullah abbia chiesto all’attuale ministro dell’educazione Omar Razzaz, precedentemente funzionario della Banca Mondiale, di formare un nuovo esecutivo.
L’inasprimento fiscale oggetto delle proteste fa parte di un programma del Fondo Monetario Internazionale volto a dare maggiore stabilità ai conti pubblici del Paese e legato, a sua volta, ad un prestito di 723 milioni di dollari concesso da Washington nel 2016. La tenuta dei bilanci della Giordania, che risulta essere un importatore netto di petrolio, dipende dagli aiuti degli Usa – che valgono circa 1 miliardo di dollari l’anno – e da quelli degli alleati del Golfo.
CINA: Prosegue riforma imprese pubbliche, ma rischi per sistema finanziario nazionale
Negli ultimi due anni, il governo cinese ha iniziato una serie di riforme volte migliorare lo stato di salute delle proprie imprese pubbliche, che avevano visto il proprio debito salire dal 50% del Pil nel 2007 ad oltre il 100% nel 2015. Ciò è anche coinciso con l’accumulazione di un surplus di capacità produttiva in alcuni settori (es. pari al 30% in quelli di acciaio e alluminio).
La risposta del governo di Xi Jinping è stata dunque orientata al taglio di tale surplus e a un forte processo di deleveraging, quest’ultimo ottenuto attraverso un programma di swap debito per equity dal valore, finora, di 156 miliardi di dollari. Sebbene il programma abbia iniziato a dare i suoi frutti, permangono dubbi rispetto la tenuta del sistema finanziario nazionale, chiamato ad assorbire l’enorme mole di debito.
CANADA-MESSICO: Reazioni ai dazi americani
A partire dal 1 giugno, gli Stati Uniti hanno imposto dazi del 25% sulle importazioni di acciaio e del 10% su quelle di alluminio da diversi Paesi, tra cui Canada e Messico, nonostante con questi ultimi fossero in corso le trattative di riforma del Nafta. Il Canada è il principale esportatore di acciaio e alluminio verso gli States (circa 17 miliardi di dollari di valore nel 2017), mentre il Messico, con quasi 3 miliardi esportati in questi settori, ha un peso inferiore, ma comunque di rilevo.
Entrambi i Paesi stanno prendendo contromisure alla politica statunitense annunciando imposte su una serie di prodotti americani per un controvalore pressoché uguale a quello interessato dai dazi di Washington. Inoltre, il Messico sta sottomettendo la politica di Trump all’Organizzazione del Commercio Internazionale, affermando la sua irregolarità rispetto alle regole commerciali mondiali.
CIPRO: Una ripresa sostenuta con alcuni elementi di fragilità
Dopo la profonda recessione e l’implementazione di misure di austerità che hanno portato all’aumento delle imposte sui consumatori e a riduzioni salariali nel settore pubblico e privato, l’economia cipriota ha avviato un significativo percorso di ripresa. Il Pil del Paese è in crescita da 13 trimestri consecutivi e ha beneficiato dell’intensa attività nel settore turistico, del miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro e dell’aumento della spesa per investimenti. La crescita è stata pari al 3,9% nel 2017, la migliore performance in nove anni, e la dinamica positiva dovrebbe proseguire anche nel biennio 2018-2019, a ritmi superiori al 3%. In questo contesto, ad aprile, Fitch ha aggiornato il rating a lungo termine del Paese migliorandolo di un notch (da BB a BB+ con outlook positivo).
Nonostante il considerevole miglioramento delle condizioni macroeconomiche, l’indebitamento del settore privato rimane estremamente elevato, così come i livelli dei non performing loan. Ciò rende il Paese ancora suscettibile a un deterioramento delle condizioni finanziarie globali.
SETTORI
BENI DI CONSUMO: Ue, Canada e Messico rispondono ai dazi statunitensi
Ue, Canada e Messico hanno annunciato dazi sull’import di alcuni prodotti consumer dagli Stati Uniti, in particolare nelle categorie cura della persona, alimentari e bevande, abbigliamento, arredamento e altri beni «politicamente sensibili», il cui export è chiave per l’economia di diversi stati repubblicani. Le misure dovrebbero entrare in vigore il 20 giugno per l’Ue e l’1 luglio per il Canada, mentre il Messico ha rilasciato martedì la lista dei prodotti colpiti che include numerosi beni agricoli e siderurgici. Per gli ingenti volumi esportati dagli Usa, la cosmesi sarebbe uno dei settori più esposti, soggetto a una tariffa del 25% nella proposta europea e del 10% in quella canadese.
Per porre ancora più pressione sugli Stati Uniti, Ue, Canada e Messico potrebbero allinearsi nella scelta dei beni colpiti. Le prossime settimane, tuttavia, lasciano ancora spazio per ulteriori negoziazioni con Washington al fine di prevenire un’escalation protezionistica.
I NUMERI DELLA SETTIMANA:
$4,9 mld Import europeo e canadese di cosmetici dagli Usa nel 2017, il 49% dell’export americano nella categoria
12% Quota dell’export statunitense di abbigliamento destinata al mercato europeo nel 2017
50% Dazio che l’Ue imporrà sull’import dagli Usa di materassi, lenzuola e alcune categorie di abbigliamento e casalinghi