L’export italiano punta su innovazione e sostenibilità e supera i 660 miliardi (+6,8%) nel 2023. SACE presenta il Rapporto Export 2023 ‘Il Futuro è adesso. Insieme’
- Nel 2023 le vendite oltreconfine di beni supereranno i 660 miliardi di euro con una crescita del 6,8%, per proseguire a un ritmo del 4,6% nel 2024 e del 3,8% medio annuo nel biennio successivo
- Transizione energetica e rivoluzione digitale stanno emergendo sempre più chiaramente come fenomeni destinati, con velocità diverse, a incidere profondamente sulla capacità delle imprese di presidiare i mercati esteri.
- È forte la spinta degli investimenti in nuove tecnologie come il 4.0 e l’intelligenza artificiale, ma sono necessari anche formazione e nuovi modelli di business: le imprese che investono in 4.0 e innovano il proprio modello di business hanno una probabilità di esportare superiore di circa tre volte rispetto a quelle che investono senza modificare il proprio modello
- Analizzato per la prima volta l’export di beni ambientali. I cospicui investimenti per la transizione in corso sosteranno le esportazioni italiane di tali beni che cresceranno del 9,3% quest’anno, del 9,7% il prossimo, accelerando poi a circa il 14% all’anno in media nel 2025-26
- Tra le geografie di destinazione ottime prospettive arriveranno da mercati come i Paesi del Golfo - tra cui Arabia Saudita (+15,6%) ed Emirati Arabi Uniti (+10%) - Cina (+17%) e India (+10,3), Thailandia (+ 13,5%) e Vietnam (+8,1%), insieme a Messico (+ 8,4%) e Brasile (+7,2%), impegnati in un percorso di transizione energetica e trasformazione digitale, senza dimenticare gli Stati Uniti (+6%) e annotando la Croazia (+14,4%), new entry dell’Eurozona e porta d’ingresso ai mercati della regione balcanica.
In un mondo ancora esposto a shock e incertezze, investire in digitalizzazione, innovazione e transizione energetica è la chiave per le imprese italiane per rafforzare sempre di più la competitività sui mercati internazionali e crescere in modo sostenibile.
È il messaggio che emerge dal Rapporto Export 2023 di SACE “Il futuro è adesso. Insieme”, una guida che da ormai 17 anni aiuta le imprese a orientarsi sui mercati esteri e a cogliere le opportunità di internazionalizzazione in un contesto globale complesso come l’attuale, caratterizzato da condizioni finanziarie meno favorevoli, minori spazi di manovra di politica fiscale, progressiva erosione del potere d’acquisto dei consumatori, rallentamento della produzione industriale e molteplicità di tensioni commerciali.
In questo scenario, il 2023 sarà un anno dalle prospettive macroeconomiche deboli, ma positive, a cui seguirà un 2024 di maggiore slancio, con il PIL globale atteso in crescita a +1,7% quest’anno e +2,5% il prossimo; lo stesso trend varrà per il commercio internazionale di beni, mentre quello di servizi registrerà un buon dinamismo già quest’anno. Il grado di apertura commerciale – calcolata come incidenza degli scambi complessivi sul PIL mondiale – è sostanzialmente stabile, senza, quindi, arretramenti del processo di integrazione dei mercati o fine della globalizzazione: si può pertanto parlare di ri-globalizzazione, ossia di un aggiustamento delle Catene Globali del Valore nell’ottica di una maggiore diversificazione dei fornitori e dei mercati di sbocco.
L’export si conferma solido motore di sviluppo dell’economia italiana. Dopo la performance sostenuta registrata lo scorso anno (+20%), attribuibile principalmente alla componente prezzi, le esportazioni di beni nel 2023 cresceranno del 6,8%, superando i 660 miliardi di euro. L’anno prossimo il ritmo rimarrà sostenuto al +4,6% per poi assestarsi al +3,8% medio annuo nel biennio successivo. Un forte impulso all’innovazione è rappresentato dagli investimenti green e in nuove tecnologie, a cui quest’anno il Rapporto dedica un capitolo di approfondimento.
“Rivoluzione tecnologica e transizione sostenibile sono le sfide che tutti noi, insieme, siamo chiamati ad affrontare oggi per disegnare il mondo di domani”, ha commentato Alessandra Ricci, Amministratore Delegato di SACE. “Le imprese che investono in sostenibilità e in digitalizzazione sono anche quelle che esportano, di più e meglio. Il nostro Rapporto Export 2023 evidenzia proprio questa connessione e accompagnare le imprese in questi processi è la missione che noi del Gruppo SACE abbiamo fatto nostra, per contribuire al benessere duraturo della collettività. L’invito che voglio rivolgere ai nostri partner, le circa 40.000 imprese che supportiamo ogni giorno, è di investire in questo percorso, contando sempre sui nostri strumenti informativi, formativi e assicurativo-finanziari e sul nostro network di relazioni, per rafforzare la capacità di gestire i rischi, cogliere le opportunità e trarre profitto dai cambiamenti in atto”.
“In un contesto sicuramente non semplice, la performance dell’export italiano, pur in fisiologico rallentamento, quest’anno e il prossimo si conferma robusta. Il nostro Rapporto Export rappresenta una bussola di riferimento per le imprese che vogliono crescere all’estero, anche in nuove geografie e con uno sguardo sempre attento a intercettare i segnali del mercato”, ha spiegato Alessandro Terzulli, Chief Economist di SACE. “Ecco perché quest’anno abbiamo voluto analizzare per la prima volta i flussi internazionali di beni legati alla transizione energetica in cui in Europa l’Italia è seconda solo alla Germania, e la trasformazione digitale che è ormai constatato sia un acceleratore della competitività delle imprese, anche internazionalizzate”.
Dinamiche dell’export
Nel 2023 le vendite italiane di beni oltreconfine supereranno in valore i 660 miliardi di euro grazie a una crescita attesa del 6,8%, dinamica sostenuta seppure fisiologicamente inferiore a quella dei due anni precedenti, per proseguire a un ritmo del +4,6% nel 2024 e del 3,8% medio annuo nel biennio successivo.
Quest’anno è previsto un ritorno del contributo dei volumi alla crescita (+1,3%) – ancora relativamente contenuto, anche per via della debolezza del commercio internazionale – che si intensificherà progressivamente nel triennio successivo.
La quota di mercato italiana a livello mondiale, in crescita nel 2022 dal 2,4% al 2,6%, nel 2023, potrebbe ulteriormente aumentare nonostante un lieve peggioramento atteso della competitività di prezzo complessiva, in linea con Germania e Francia.
Continua la buona performance dell’export di servizi, che, dopo aver superato nel 2022 i valori pre-pandemia, manterrà una crescita robusta anche quest’anno (+7%), per poi tornare su tassi in linea alla media storica superando, al termine del periodo di previsione, i 140 miliardi di euro. La maggiore spinta continuerà a provenire dal comparto del turismo.
Dove esportare?
Le principali economie come Germania, Stati Uniti, Francia e Cina, si confermano le maggiori geografie di riferimento per le vendite italiane, ma ci sono importanti cambiamenti in atto: Paesi del Golfo, India, Thailandia e Vietnam, senza dimenticare Messico, Brasile e Croazia – la new entry dell’Eurozona – presentano opportunità sempre più significative per il nostro export.
Fra i principali mercati di destinazione la maggiore spinta è attesa dalla Cina (+17% nel 2023), la cui completa riapertura dopo anni di restrizioni anti-Covid rappresenta un beneficio per i settori industriali non solo cinesi, ma anche di quei Paesi ben inseriti nelle sue catene di approvvigionamento; Pechino, insieme a Nuova Delhi, farà da traino a tutta l’area asiatica e, di riflesso, a quella mondiale. L’India (+10,3% nel 2023), infatti, si conferma tra i mercati in maggiore espansione per l’export italiano di beni grazie all’importante evoluzione del suo sistema produttivo, già in atto da diversi anni e sulla quale il governo appare intenzionato a puntare con decisione.
L’andamento delle vendite italiane risentirà inoltre positivamente della robusta crescita economica del Vietnam, mercato che vedrà una crescita del nostro export dell’8,1% nel 2023 e del 6,5% nel 2024, favorita da un contesto politico stabile e dal crescente ruolo di hub manifatturiero nella regione.
L’insorgere del conflitto russo-ucraino ha accelerato il riassetto energetico dello scacchiere internazionale, favorendo le economie del Golfo che hanno potuto stanziare ulteriori e consistenti risorse per piani d’investimento finalizzati alla diversificazione produttiva, con effetti positivi anche per la domanda di beni italiani, in particolare in Arabia Saudita (+15,6%) ed Emirati Arabi Uniti (+10%), dove il nostro export mostra tassi di crescita a doppia cifra quest’anno e non inferiore al 5% per il 2024.
In America Latina, Messico e Brasile, oltre a essere i due principali mercati, sono tra le geografie con prospettive di domanda più favorevoli. Il Messico (+8,4%), unico Paese davvero manifatturiero dell’area, si trova oggi in una posizione molto più centrale nello scenario regionale e globale ed è rafforzato anche dal fenomeno del nearshoring, in atto dallo scorso anno. L’ambizione del Brasile (+7,2%) di aumentare il peso del comparto manifatturiero sul totale del valore aggiunto stimolerà le nostre vendite. Anche la Croazia (+14,4%), entrata nell’Eurozona a gennaio 2023, geografia a noi prossima e porta d’ingresso alla regione balcanica, rappresenterà un mercato di opportunità.
Infine, le grandi dimensioni del mercato interno e l’indipendenza energetica continuano a imprimere una discreta performance dell’economia degli Stati Uniti, che si rafforzerà ulteriormente grazie alla spinta che l’Inflation Reduction Act imprimerà a molti settori con risvolti positivi anche per il nostro export (+6%). Le nostre imprese potranno, infatti, beneficiare degli ingenti investimenti del piano, non solo investendo direttamente nel mercato statunitense ma anche allacciando contratti di fornitura in loco con clienti lungo l’intera catena di valore.
Transizione sostenibile ed export
Per la prima volta, il Rapporto Export di SACE analizza anche le esportazioni di beni ambientali (EG), in cui rientrano i beni connessi alla protezione dell’ambiente – come, ad esempio, i convertitori catalitici per veicoli – e quelli adattati per essere più rispettosi dell’ambiente o “più puliti”, come biocarburanti, batterie senza mercurio e auto ibride ed elettriche.
Questo perché sostenibilità e transizione energetica sono concetti chiave per la lotta globale al cambiamento climatico: è necessario quindi individuare e quantificare i flussi internazionali di beni legati a questi temi per poter mappare i principali attori chiave della transizione, avere una base per la negoziazione di accordi volti a ridurre le barriere al commercio di beni cruciali per una maggiore sostenibilità ambientale e individuare eventuali dipendenze in termini di approvvigionamento da specifici Paesi.
Negli ultimi venti anni, il valore del commercio internazionale di beni EG è cresciuto a un tasso medio annuo del 7,6% (superiore al +5,8% dell’export complessivo di beni), arrivando a superare i $1.750 miliardi. I principali attori sono l’Europa e l’Asia, quest’ultima a più rapida crescita.
L’Italia negli ultimi decenni si è mantenuta al secondo posto nell’Ue con un export che ammonta a $60 mld nel 2021 rappresentando il 3,4% degli scambi mondiali (+5% CAGR 2000-21). In particolare, i principali settori di export del nostro Paese sono la meccanica strumentale, ma anche gli apparecchi elettrici (ad esempio motori e generatori elettrici, quadri di distribuzione) e gli altri investimenti (specie strumenti di misurazione e controllo).
I forti investimenti per la transizione in corso, anche alla luce delle politiche europee di sostegno in materia, spingeranno l’export italiano di beni ambientali, atteso crescere quest’anno del 9,3% e il prossimo del 9,7%, accelerando poi a circa il 14% all’anno in media nel 2025-26.
Intelligenza artificiale e commercio estero
Le imprese stanno attraversando una nuova “rivoluzione industriale” trainata dalle informazioni e dalla loro elaborazione. In questo senso l’IA e il digitale sono strumenti strategici per la loro crescita. Oggi L’IA è presente già in molti settori, è più diffusa tra le imprese con una maggiore propensione al commercio ed è ormai constatato che porti al miglioramento dei modelli di business e di supporto alla proiezione all’export, accrescendo di fatto la produttività delle imprese che ne fanno uso grazie a una più efficace gestione delle catene del valore e a minori costi commerciali. Come evidenziato anche dalle recenti indagini realizzate presso le imprese italiane dal Centro Studi Tagliacarne-Unioncamere, ad esempio, circa il 67% delle aziende che investe nelle tecnologie digitali esporta, contro il 44% di quelle che non investono. Per la piena efficacia dell’Industry 4.0 è necessaria non solo la semplice adozione delle tecnologie, ma anche l’innovazione del modello di business dell’azienda: le imprese che investono in 4.0 e innovano il proprio modello di business hanno, infatti, una probabilità di esportare superiore di circa tre volte rispetto a quelle che investono senza modificare il proprio modello (14,5% vs. 5,2%). La prima categoria è anche più presente nei mercati internazionali rispetto alle imprese che non investono nel 4.0: in misura più diffusa ci si attende, infatti, che il 47% delle aziende che investono nel 4.0 e che hanno cambiato il proprio modello di business aumenteranno la loro quota di export nel 2023, mentre tra quelle che non investono solo il 30% vedrà aumentare il valore delle proprie esportazioni.
Grazie a un’evoluta industria manifatturiera e dell’automazione – merito anche di programmi di Industria 4.0. – l’Italia presenta già una forte specializzazione nella combinazione dell’IA con sistemi fisici quali per esempio sensori, impianti di automazione e robot, come sottolineato dai dati dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano. Il nostro Paese vede un buon grado di applicazione anche nei servizi (dalla sanità alla ricerca e alla finanza fino ai trasporti). Ulteriore slancio sarà dato anche alla sostenibilità ambientale grazie, per esempio, a una sempre più precisa e accurata previsione degli eventi climatici estremi i cui effetti si riflettono su vari settori, uno su tutti, l’agricoltura. Nonostante gli ampi progressi registrati dalle imprese italiane, permangono aree di miglioramento, in particolare nelle Pmi, sia in termini di reperimento delle risorse economiche per finanziare la propria innovazione tecnologica, sia per quanto riguarda la formazione e l’organizzazione del capitale umano.
Scenari alternativi
In un contesto ancora caratterizzato da alcuni rischi e da un’incertezza relativamente elevata, non si può non tener conto anche di ipotesi alternative. Nello scenario peggiorativo le pressioni inflative sarebbero più persistenti nel 2023, implicando un ulteriore inasprimento delle politiche monetarie di diverse Banche Centrali e quindi delle condizioni creditizie globali, con conseguenze sulla crescita economica mondiale, sul commercio internazionale e, non da ultimo, sull’export italiano di beni.
In uno scenario migliorativo le pressioni sui prezzi delle materie prime e sui costi di produzione si allenterebbero, l’inflazione diminuirebbe più velocemente favorendo lo stop agli aumenti dei tassi di interesse, con implicazioni positive per PIL, scambi internazionali e export italiano.
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