Previsioni SACE 2015-2018: esportazioni italiane in risalita del 4,7%
Una congiuntura macroeconomica favorevole, livelli di rischio complessivamente stabili a livello globale e un ampio potenziale inespresso ancora da cogliere. Questo il quadro da cui prende le mosse RE-START, l’ultimo Rapporto Export di SACE, che segnala, per le imprese esportatrici italiane, l’aprirsi di una finestra di opportunità unica e previsioni di crescita a un tasso medio annuo del 4,7% nei prossimi quattro anni.
Come cogliere a pieno questo trend positivo? Quali le prospettive, i mercati di riferimento, i settori su cui puntare per crescere all’estero? A questi interrogativi risponde il Rapporto di SACE, con la proposta di due vie per rafforzare la presenza delle nostre imprese sui mercati internazionali: la valorizzazione della filiera agroalimentare – uno dei settori di punta del Made in Italy, che rappresenta circa il 10% del nostro export complessivo – e l’identificazione delle geografie più promettenti per i prodotti italiani, attraverso la creazione di un nuovo indicatore, l’Export Opportunity Index.
Di seguito i principali risultati, presentati oggi a Palazzo Mezzanotte di fronte a una platea di 300 rappresentanti di imprese, banche e realtà impegnate nel sostegno all’internazionalizzazione.
Prospettive dell’export italiano: finalmente in risalita
Secondo le previsioni di SACE, le esportazioni italiane di beni cresceranno del 3,9% nel 2015, un tasso doppio rispetto a quello dell’anno precedente. Il ritmo di crescita aumenterà ulteriormente nel triennio 2016-2018, fino ad attestarsi al 5%.
Un ritmo positivo, ma distante da quello pre-Lehman, a testimonianza dell’impatto permanente della crisi finanziaria mondiale sul commercio internazionale. Tra il 2000 e il 2007, in media, il commercio mondiale è cresciuto del 7,3%, superiore di 3 punti percentuali rispetto al periodo 2011-2018.
Prospettive settoriali: la filiera agroalimentare come traino per l’export
I prodotti dell’agricoltura e dell’industria alimentare: tra i simboli più apprezzati del Made in Italy, pari al 10% dell’export italiano, dovranno giocare secondo il Rapporto di SACE un ruolo propulsivo per una maggior internazionalizzazione del nostro Paese.
La filiera agroalimentare italiana, con un mercato globale che vale oggi 1,1 trilioni di euro, ha un ampio potenziale da esprimere, forte del buon posizionamento dell’Italia sul podio mondiale dell’export in comparti come quelli dei macchinari agricoli e dei macchinari per la trasformazione alimentare (in cui siamo rispettivamente al 3° e al 2° posto) e dei buoni margini di sviluppo nei comparti degli alimentari e dei beni agricoli (in cui ricopriamo rispettivamente il 7° e il 15° posto a livello globale).
Espandendo i mercati di riferimento e rafforzando la leva dell’internazionalizzazione, SACE stima per la filiera agroalimentare un potenziale guadagno di export aggiuntivo di 9 miliardi di euro entro il 2018: 7 miliardi di euro dal comparto agroalimentare e altri 2 miliardi di euro da quello dei macchinari, di cui l’84% macchine agricole.
Ad oggi il comparto dei beni agricoli e alimentari è quello per il quale SACE prevede il maggior dinamismo nei prossimi quattro anni, con un’attesa di crescita media dell’export del 6,5% tra il 2016 e il 2018, superiore ai beni di consumo (+5,3%, nel medesimo periodo), ai beni di investimento, core dell’export italiano (+5,2%) e ai beni intermedi (+3,9%).
Export Opportunity Index: 39 destinazioni a maggior potenziale
Se nella filiera agroalimentare il potenziale riguarda prevalentemente i mercati maturi, per le imprese di altri settori le geografie di riferimento spaziano anche su diversi mercati emergenti e individuare le geografie su cui puntare è complesso.
Per aiutarle SACE ha messo a punto la nuova Export Map (www.sace.it/exportmap) e l’Export Opportunity Index, una bussola che aiuta le imprese a cogliere la domanda dei paesi stranieri e le opportunità, in quei paesi, per l’export italiano. Il punteggio assegnato a ciascun Paese varia da 0 a 100 (rispettivamente opportunità nulla e massima) ed è calcolato in base al valore dei beni esportati, crescita dell’export italiano nel periodo 2011-2018, concentrazione dell’import nel Paese e attuale quota di mercato italiana.
Il mix di geografie più appealing per l’export italiano (con score superiore a 65) è un insieme diversificato di 39 mercati che già rappresentano il 73% dell’export italiano e che possono essere meglio penetrati dalle nostre imprese.
Non c’è più una netta distinzione tra mercati avanzati, emergenti, BRICS. Tra le migliori destinazioni troviamo l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi, l’Algeria, il Qatar, ma anche la Corea del Sud, la Cina, l’Indonesia e la Malesia. Mercati più vicini, come la Turchia e la Polonia (un mercato grande quanto la Russia, quanto a volumi di export italiano) rimangono fortemente attraenti.
Anche i partner commerciali più tradizionali presentano ottime opportunità, come è il caso di Stati Uniti (+44% nei primi tre mesi), Regno Unito (+7,2%) e Germania (dove a marzo l’export ha segnato un+6%, grazie al traino dell’automotive). Nigeria, Senegal e Angola rimangono interessanti come mercati di frontiera e progressivamente potranno diventare le destinazioni commerciali future.
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