Una SACE a misura d’impresa
Il progetto di quotazione è definitivamente tramontato. «Non fa parte in alcun modo dei nostri piani». E il modello dell’exim bank, sbandierato da tanti nei mesi scorsi, è già nei fatti. «Come sistema Italia, siamo andati anche oltre dal momento che facciamo più di una exim bank: possiamo prendere partecipazioni in equity attraverso Simest o fare assicurazioni sui crediti commerciali con Sace Bt e factoring con Sace Fct. E ancora, recuperare crediti commerciali all’estero mediante Sace Srv».
Perché il nuovo polo dell’export e dell’internazionalizzazione, nato dall’integrazione di Sace con Simest e con le attività di export finance della Cassa, avrà tante frecce al suo arco, tutte declinate nel nuovo piano industriale, come spiega al Sole 24 Ore l’ad di Sace, Alessandro Decio. «Questo piano, che è stato approvato a fine dicembre dal cda presieduto da Beniamino Quintieri, raccoglie e declina il disegno complessivo di Cdp che vedeva nell’export e nell’internazionalizzazione un driver chiave di crescita e sviluppo del paese e che prevedeva un gruppo capace di lavorare in modo più organico e integrato rispetto agli obiettivi prefissati, con un approccio ancor più proattivo rispetto al passato».
Nel piano di Cassa, si parlava di 63 miliardi di risorse mobilitate, da qui al 2020, dal polo dell’export. Quell’impegno sarà confermato?
Assolutamente sì. Anzi, anche sulla scorta di un 2016 particolarmente positivo che, per Sace, si tradurrà in un aumento record dei volumi, sarà ampliato rispetto ai target iniziali che Cassa ci ha dato: entro l’arco di piano, saranno infatti mobilitati 111 miliardi con un incremento del 50% rispetto al quinquennio precedente, ma sempre all’interno di un principio di sostenibilità economica. Non a caso, il nostro piano prevede che ci sia un miglioramento del nostro coefficiente di solvibilità: la crescita sarà quindi coerente con un profilo di rischio e di patrimonializzazione in linea con il passato.
Su quali voci prevedete uno sforzo maggiore?
Ci sarà una crescita importante un po’ lungo tutte le direttrici del polo, a partire dall’export credit che registrerà un incremento del 6% annuo, con 52 miliardi di euro di volumi mobilitati al 2020. Ma crediamo di crescere in maniera ancora più significativa anche su tutte le attività di internazionalizzazione: l’incremento sarà di quasi il 15% annuo (13 miliardi al 2020).
C’è uno scarto rispetto ai target indicati da Cdp. A cosa è dovuto?
L’impegno è superiore per due motivi. Il primo è che nel disegno di Cassa non era ancora stato sciolto il nodo sullo sviluppo futuro di Sace Bt che in questo piano viene confermata come società strategica del polo dell’export e che deve contribuire, come già sta facendo, a supportare le aziende italiane nell’assicurazione dei crediti commerciali all’estero a breve termine. E poi abbiamo un ulteriore aumento di 4-5 miliardi perché complessivamente abbiamo ritenuto di poterci dare dei target ancora più sfidanti raccogliendo l’invito del nostro azionista a essere ambiziosi. Senza contare che ci sarà un incremento a doppia cifra anche per le attività di factoring, cruciali rispetto al disegno del polo, e per Simest, che negli ultimi 25 anni ha fatto oltre 700 investimenti in quote di minoranza di aziende all’estero e che, riteniamo, possa più che raddoppiare i suoi interventi nell’arco di piano svolgendo un ruolo importante nell’internazionalizzazione delle imprese.
L’integrazione tra le due società è completata. Ci saranno tagli?
Non è previsto alcun taglio, restano due strutture distinte da un punto di vista societario e dei processi decisionali. Naturalmente cercheremo sinergie, è nostro dovere farlo perché ciò si traduce in maggiore efficienza e produttività e in un miglior servizio nei confronti delle aziende che serviamo. Il polo crescerà del 50% nei volumi nell’arco di piano ma, sfruttando al massimo le sinergie, la digitalizzazione e la semplificazione dei prodotti, ridurremo sensibilmente i nostri tempi di risposta e incrementeremo l’efficienza gestionale.
In che senso?
Le nostre imprese sono notevolmente sotto-assicurate rispetto a quelle francesi e tedesche, quindi se saremo in grado di garantire prodotti più semplici e accessibili direttamente on line, soprattutto per le operazioni di taglio ridotto, questo consentirà a noi di supportarne un numero maggiore, riducendo il “costo di servizio” e a loro di coprirsi più agevolmente dai rischi derivanti dall’affrontare nuovi mercati.
Ci sono 60mila aziende in grado di cogliere le opportunità offerte dai mercati esteri che non l’hanno ancora fatto. Come pensate di intercettarle?
La nostra priorità è aumentare il livello di penetrazione e la relazione diretta con medie aziende esportatrici di beni d’investimento. Oggi ne serviamo in maniera continuativa una su quattro, ma crediamo che, potendo disporre di un maggior numero di colleghi sul territorio e fornendo loro soluzioni propositive per aumentare la propensione all’export, potremo quasi raddoppiarle. Sulle aziende di minori dimensioni, invece, arriviamo con la semplificazione dei prodotti sia da un punto di vista tecnico che di accessibilità e lavorando in partnership con il canale bancario.
Vi siete già mossi?
Stiamo già lavorando con le banche e l’Associazione bancaria italiana (Abi) per rivedere le nostre modalità di azione e per rendere i nostri processi quanto più agevoli e fruibili. L’obiettivo è creare un contesto in cui le banche che hanno una relazione con questi clienti, laddove emergano necessità di copertura di rischi commerciali dall’estero o progetti di internazionalizzazione, trovino nel polo dell’export un partner con cui lavorare per fornire congiuntamente la soluzione migliore per l’azienda.
Amplierete la vostra rete distributiva?
Abbiamo già 14 uffici in Italia e rafforzeremo la rete con due nuove sedi ma anche aumentando i colleghi sul territorio. Le imprese hanno oggi un’unica porta d’accesso per tutti i nostri servizi. Quanto all’estero, pensiamo a 4-5 nuovi uffici nell’arco di piano. Dove? Usa e Cina, ma anche Africa. Inoltre adotteremo un approccio proattivo (“push strategy”) su paesi e controparti estere, a cui offriremo linee di credito a tassi competitivi per l’acquisto di beni e servizi italiani.
Sace è stata spesso criticata in passato per la sua eccessiva redditività. Come risponde?
La nostra priorità è massimizzare il supporto alle imprese e all’economia, perciò non dobbiamo mai trovarci nella situazione in cui la ricerca di un pricing ottimale comprometta un’opportunità di business per un’azienda italiana. Nell’arco di piano, quindi, prevediamo un leggero calo della redditività, ma ci stabilizzeremo su un livello di Roe comunque soddisfacente (4-5%). Perché la solidità economico-finanziaria di Sace è presupposto essenziale dell’efficacia del nostro ruolo al fianco delle imprese.
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